domenica 31 luglio 2016

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Trasimaco - Insomma che cosa sarò dopo la morte? - rispondi in modo chiaro e preciso!

Filalete - Tutto e nulla.

Trasimaco - Eccolo ancora! Per risolvere un problema enuncia una contraddizione. Il trucco ormai è scontato.

Filalete - Rispondere a questioni trascendenti con il linguaggio creato per la conoscenza immanente non può che condurre a contraddizioni. La conoscenza trascendente è quella che, oltrepassando ogni possibilità dell'esperienza, aspira a determinare l'essenza delle cose quali esse sono in se stesse; conoscenza immanente, invece, è quella che si mantiene entro i limiti della possibilità dell'esperienza; ma, per questa ragione, non può parlare altro che di apparenze. - Tu, in quanto individuo, finisci con la tua morte. Ma l'individuo non è la tua vera e ultima essenza, bensì una mera manifestazione di essa: non è la cosa in sé, ma solo la sua apparenza, che si rappresenta nella forma del tempo e, conformemente a ciò, ha principio e fine. La tua essenza in sé, invece, non conosce né tempo, né principio, né fine, né la barriera di una data individualità: perciò non può venire esclusa da alcuna individualità, bensì esiste in tutti e in ognuno. Nel primo senso, dunque, a causa della morte diventi nulla; nel secondo, sei e rimani tutto. Per questo ho detto che, dopo la morte, sarai tutto e nulla. Difficilmente la tua domanda permette, cosi in breve, una risposta più giusta di questa; la quale certamente contiene una contraddizione, proprio perché la tua vita è nel tempo, ma la tua immortalità è nell'eternità.

Trasimaco - Ascolta: senza la persistenza della mia individualità, io non do un soldo per tutta la tua immortalità.

Filalete - Forse è possibile trattare ancora con te. Supponi che io ti garantissi la persistenza della tua individualità, ma ponessi come condizione che il risveglio dell'individualità dovesse essere preceduto da tre mesi di completo e incosciente sonno nella morte.

Trasimaco - Ci potrei stare.

Filalete - Ma, siccome in uno stato di completa incoscienza, non abbiamo alcuna misura per il tempo, per noi è assolutamente indifferente, mentre ci troviamo in quel sonno di morte, che nel mondo cosciente siano passati tre mesi, o diecimila anni. Infatti l'una cosa come l'altra dovremmo accettarla sulla fiducia, al risveglio. Perciò, può esserti indifferente se la tua individualità ti venga restituita dopo tre mesi o dopo diecimila anni.

Trasimaco - In fondo non si può negare.

Filalete - Ma se ora, passati diecimila anni, ci si dimenticasse di risvegliarti, io credo che quel lungo non essere, seguito a una così breve esistenza, dovrebbe esserti diventato così consueto che la disgrazia non sarebbe troppo grande. È certo, a ogni modo, che non potresti accorgertene affatto. Poi finiresti per consolarti completamente, se tu sapessi che il meccanismo segreto, il quale tiene in movimento la tua attuale apparenza, non avrebbe cessato in quei diecimila anni, neppure per un attimo, di muovere e di rappresentare altre apparenze dello stesso tipo.

Trasimaco - Come?! - E in questo modo tu pensi di frodarmi senza parere della mia individualità? A me non la si fa! Io ho posto come condizione la persistenza della mia individualità, e non valgono a consolarmene né molle segrete né apparenze. Essa mi sta a cuore, e non la voglio abbandonare.

Filalete - A quanto pare, ritieni la tua individualità così gradevole, eccellente, perfetta e incomparabile, da non potercene essere un'altra migliore; perciò tu non la vorresti scambiare con nessun'altra, neppure essa potrebbe essere migliore e più facile?

Trasimaco - Vedi, la mia individualità, sia quello che sia, sono io. Niente al mondo m'importa più di me: <perché Dio è Dio, e io son io>. lo, io, io voglio esistere! Questo m'importa, e non di un'esistenza della quale mi si vorrebbe convincere che sarebbe la mia.

Filalete - Ma guardati intorno! Ciò che grida <io, io, io voglio esistere>, non sei tu solo, ma tutto, assolutamente tutto ciò che abbia anche soltanto una traccia di coscienza. Conseguentemente, proprio questo desiderio in te è ciò che non è individuale, ma comune a tutti senza differenza: esso ha origine non dall'individualità, ma dall'esistenza in generale, è essenziale a ognuno che esista, anzi è ciò per cui ognuno esiste... Ma questa è mera parvenza, alla quale certamente si aggrappa l'insicurezza dell'individuo, e che, tuttavia, la riflessione può distruggere, liberandocene. Ciò che infatti esige così impetuosamente l'esistenza, è solo in modo mediato l'individuo; ma, immediatamente e in senso vero e proprio, è la volontà di vivere in generale, che è unica e identica in tutti… Alla volontà sono indifferenti le individualità: propriamente, essa non parla di esse; sebbene sembri parlarne all'individuo, che percepisce immediatamente la volontà soltanto dentro di sé. Da ciò discende che la volontà vigila questa sua propria esistenza con una cura che altrimenti non avrebbe luogo, e proprio così garantisce la conservazione della specie. Ne deriva che l'individualità non è perfezione, bensì limitazione: perciò liberarsene non è una perdita ma un guadagno. Lascia perciò andare una preoccupazione che, se tu conoscessi interamente e fino in fondo il tuo essere, cioè se tu lo conoscessi come volontà universale di vivere, quale tu sei, ti apparirebbe puerile ed estremamente ridicola.

Trasimaco - Puerile ed estremamente ridicolo sei tu e tutti i filosofi! E solo per passare il tempo e per divertirsi avviene che un uomo posato come son io si induca a passare un quarto d'ora con questa specie di folli. Ora ho da fare cose più importanti: addio!

(Schopenhauer, Parerga)

lunedì 25 luglio 2016

Tutto è uno e stramila

Pensare che tutto ciò che esiste e si manifesta ai nostri sensi venga dal nulla e prima o poi torni al nulla è un errore, dice Severino. Un errore gravido di conseguenze psichiche e, dunque, pratiche - la parola annientamento, cioè il passaggio da ciò che è al nulla, evoca l'orrore presente nella storia dell'uomo e in ogni singola vita.

In realtà, dice Severino, ciò che è, è eternamente, non viene dal nulla e non va verso il nulla, mai. Quello che il pensiero occidentale ha percepito e pensato come un andare nel nulla "... è in verità lo scomparire degli eterni".  La variazione continua che percepiamo "... è lo scomparire di ciò che prima appariva, è il provvisorio scomparire degli eterni dal cerchio dell'apparire".


Severino si muove da una contrapposizione, tra il pensiero che tutto passa venendo dal nulla e finendo nel nulla e il pensiero che questo passare è una apparenza poiché tutto ciò che è, è, eternamente è, e ciò che sembra passare è solo un apparente scomparire - come nei fotogrammi di una pellicola, che noi vediamo scorrere ma che sono tutti coesistenti (analogia che Popper proponeva ad Einstein e che lui accettava, e che Severino ricorda).



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Vado per accenni di associazioni personali. 


Schopenhauer, verso la fine del suo Il mondo come volontà e rappresentazione:

 
"Noi dobbiamo scacciare la sinistra impressione di quel nulla che si libra come ultima meta dietro ogni virtù e santità, e che noi temiamo come i bambini temono il buio..."
"Il concetto del nulla è essenzialmente relativo, e si riferisce sempre a qualcosa di determinato, che esso nega. Ma, guardando più da vicino, un nulla assoluto non si può neppure immaginare. Ciò che è universalmente ammesso come positivo, che noi chiamiamo l'essere, e la cui negazione è espressa dal concetto del nulla nel suo significato più universale, è appunto il mondo della rappresentazione, specchio della volontà. E questa volontà e questo mondo sono poi anche noi stessi, e al mondo appartiene la rappresentazione, e forma di tale rappresentazione sono spazio e tempo, quindi ogni cosa deve essere posta in qualche luogo e in qualche tempo. Ma, finché noi stessi siamo la volontà di vivere, il nulla può esser conosciuto da noi solo negativamente.”

 
Insomma, esiste solo ciò che esiste, poiché ogni nostra conoscenza è una manifestazione della volontà di vita ed avviene esclusivamente nell'ambito delle rappresentazioni. Per questo, dice Schopenhauer, rifiutare gli automatismi della volontà ci si presenta come negazione dell'esistente, cioè come nulla.


Matte Blanco, nel suo L'inconscio come insiemi infiniti, considera la presenza nell'essere umano di due tipi di logica, quella della veglia vigile, che colloca con precisione realtà ben distinte nello spazio e nel tempo (tutto passa continuamente e la legna diventata cenere non esiste più come legna - questa logica è asimmetrica), e la logica del sogno, o degli stati di allentamento della logica asimmetrica, cioè la logica di quel modo di funzionamento psichico che Freud ha definito inconscio (questa logica è simmetrica, e nei livelli più lontani dalla coscienza vigile arriva alla assenza dello scorrere del tempo, delle localizzazioni spaziali, dei nessi causali: tutto, nel profondo di noi, dice Matte Blanco, è uno, indistinto, eterno).
Le due logiche coesistono in noi: siamo esseri bilogici, capaci di spaccare il capello in quattro, di fare distinzioni temporali e spaziali finissime, di accorgerci che le cose un secondo dopo sono cambiate e non sono più quelle che erano, ma siamo anche portati a vivere la nostra vita come se sentire-conoscere-essere fossero la stessa cosa, senza distinzione tra sé e non sé, senza distinzione tra simbolico e reale, senza saper nulla di movimenti e avvenimenti in un mondo in cui non esiste morte, in cui tutto è, eternamente è, uno.

domenica 24 luglio 2016

Nada y pues nada

Per Severino, dunque, il pensiero occidentale è sostenuto e percorso dalla fede nel nulla, il quale viene pensato precedente e successivo all'essere di ogni realtà, con un fluire che non è soltanto trasformazione da cosa ad altra cosa ma è anzitutto un venire dal nulla e un andare nel nulla. 

Questa fede è una follia, dice. Non è vero che noi veniamo dal nulla e stiamo andando verso la morte, cioè di nuovo nel nulla. Tutta l'angoscia che l'essere umano ha sempre avuto per la sua condizione mortale si basa sulla fede nel nulla, un errore che conduce all'orrore. 

L'uomo occidentale, come segnala chiaramente la sua filosofia, vive con questo errore fondamentale dall'origine del suo pensiero. Un errore che lo porta a sentirsi un morto in mezzo ai morti, in un mondo già segnato nel suo essere dal nulla da cui verrebbe e in cui starebbe per finire - un mondo, nota continuamente Severino, senza più nessuna certezza incontrovertibile tranne quella della tecnica, cioè dell'azione, del fare, saper fare, risolvere problemi materiali, aumentare la propria potenza fisica. 


Un mondo in cui le forze in gioco, il cristianesimo, l'islam, il capitalismo, il comunismo, la democrazia, investono nel progresso della tecnica per prevalere sulle altre forze o non essere annientate ma ciò facendo il loro scopo originario inevitabilmente muta e diventa il progresso della tecnica in sé, a prescindere dal fine che viene sorpassato e perduto nella corsa vertiginosa del perfezionamento tecnico necessario per non soccombere o prevalere. 

In un mondo che viene pensato venire dal nulla ed andare verso il nulla, in un mondo segnato dalla morte prima e dopo un lampo di luce d'esistenza, la volontà di potenza, lasciata libera, senza più alcun limite, si rivolge alla tecnica come strumento e finisce inevitabilmente con il diventarne strumento, verso un orrore che deriva all'origine dall'errore di pensare la realtà venire dal nulla e andare verso il nulla.

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"Spingendo la luce elettrica, egli continuò la conversazione con se stesso. Di che aveva paura? Non era paura né terrore. Era un nulla che egli conosceva anche troppo bene. Era tutto un nulla e un uomo era nulla lui pure. Alcuni di quel nulla vivevano senza averne coscienza mai, ma egli invece lo sapeva bene, che tutto quanto era nada y pues nada y nada y pues nada. O nada nostro che sei nel nada, sia  nada il nome tuo, nada il regno tuo e sia nada la tua volontà così in nada come in nada. Dacci oggi il nostro nada quotidiano e nada a noi i nostri nada come noi li nadiamo ai nostri nada e non nadare noi in nada ma liberaci dal nada; pues nada. Ave, nulla, pieno di nulla, il nulla sia con te. Egli sorrise e si fermò davanti a un bar dove splendeva sotto la luce la macchina a vapore per il caffè espresso"

 (Ernest Hemingway, Un posto pulito, illuminato bene)

venerdì 22 luglio 2016

Il nulla è un asino che vola

Emanuele Severino: "La storia del pensiero occidentale è quella della follia secondo la quale avviene il passaggio dal nulla all'essere e dall'essere al nulla."
 
Il nulla sarebbe dunque una di quelle false realtà che la mente umana immagina e rende esistenti anche al di fuori della sua mente.  Mi pare però che qui c'è una complicazione dovuta a ciò che la parola nulla vorrebbe indicare.
 
Se dico che un oggetto mentale come un asino che vola non esiste posso correggere il mio pensiero togliendo esistenza ad un oggetto mentale che potrebbe averla, per cui cancello l'asino che vola dalle esistenze reali percepite fino ad oggi dall’uomo. Fino ad oggi, fino a questo momento, asino che vola nella testa/ no asino che vola nella realtà, per cui posso affermare che asino che vola è una inesistenza, una fantasticheria bizzarra, un errore dell’immaginazione corretto dal rapporto con la realtà dal passato conosciuto fino ad oggi.
 
Ma nel linguaggio comune che sto usando come faccio a togliere esistenza reale ad un oggetto che ha proprio la non esistenza come sua qualità distintiva? 
E’ una situazione diversa da quella dell’asino che vola. Lì posso dire che l’asino che vola non esiste, ma qui se dico che il nulla non esiste è come se lo confermassi invece di togliergli esistenza.
 
Tuttavia, Severino non cade in questo ordine di problemi linguistici e concettuali per quanto riguarda il nulla. Non se la prende con il nulla in sé, ma con il modo in cui siamo abituati a pensare il divenire delle cose. C'è un errore di base, un errore che può farci cadere nell'orrore, dice Severino.
 
Infatti, se in prima battuta pensiamo che tutte le cose continuamente divengono altro da quello che sono, accade che in seconda battuta - e questo è l'errore/orrore - pensiamo che tutte le cose prima di esistere non esistevano e dopo la loro esistenza non esisteranno più. Cioè in quanto occidentali siamo portati a pensare che tutte le cose vengono dal nulla e vanno verso il nulla: ecco, questo è l’errore fondamentale di tutto il pensiero occidentale, la sua “follia” di base.  
 
In verità non c’è passaggio dal nulla all’essere, né dall’essere al nulla, dice Severino. 

Se così stanno le cose, se nessun esistente viene dal nulla e va verso il nulla, cos’è la variazione continua degli esistenti per cui siamo portati a pensare in prima battuta che tutto passa nel senso che si trasforma? E’ lo scomparire di ciò che prima appariva, il suo passaggio nel cerchio dell’apparire e il suo uscirne, dice Severino. Ma tutto ciò che esiste non viene dal nulla, né va verso il nulla.

giovedì 21 luglio 2016

Verità e menzogna

"La verità vince, non la menzogna; attraverso la verità passa la via che porta al mondo degli dèi. Quando il meditante distingue la matrice dell'Essere, raggiunta la conoscenza dopo essersi liberato del bene e del male, senza macchia raggiunge l'identità suprema: è il soffio vitale che risplende in tutte le creature."

(Mundaka Upanishad, Upanishad vediche, Tea 1988, p 323)

La verità e la menzogna sono percezione della realtà e pensiero sulla realtà: se davanti a me ho una mela e vedo una mela, vedo ciò che è, primo atto, e se penso che è una mela entrando nella dimensione del pensiero-parola, il mio pensiero corrisponde alla realtà percepita, cioè quello che penso è verità, secondo atto. La realtà è quella cosa estesa contro cui posso anche sbattere la testa fisicamente; la verità è quella cosa che sta dentro la testa - è pensiero.

E cosa dicono le parole: la verità vince, non la menzogna?
Dicono una verità, se riferite al potere individuale della verità, al potere che la verità ha nella psiche individuale.
Dicono una menzogna, se riferite al potere sociale della menzogna, al potere che la menzogna ha nella psiche collettiva - il potere delle idee dominanti dei dominatori.

Capisco cosa indica la Upanishad come identità suprema.
Ma il soffio vitale non risplende in tutte le creature. Ci sono madri che vogliono la morte dei figli da loro stesse fatti nascere. Allora la volontà di vivere ha in se stessa volontà di morte - me lo chiami soffio vitale, questo?

E se ti liberi del bene e del male, se ti liberi della percezione e del pensiero per cui conosci: questo è bene e questo è male, non raggiungi la conoscenza, anzi la perdi nell'anestesia e nell'amnesia. Ti fai cieco e agnostico sulla realtà che la volontà di vivere, il soffio vitale, ha in sé volontà di morte, soffio distruttivo, al di là del fatto che tutto passa, al di là del fatto che nascendo siamo destinati a morire: al di qua, invece, della storia di gruppo, dell'andare di ogni vita sociale, in cui dominano la menzogna e la conoscenza tecnica delle verità scotomiche - e quindi anche al di qua di ogni vita individuale, nel qui ed ora di ogni vita.

21 luglio 2015

mercoledì 13 luglio 2016

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La più formidabile potenza materiale 2


Popper: "Ciò che intendiamo per realtà è prima di tutto quel tipo di cose contro cui possiamo sbattere la testa."

Bene: si capisce. 
Volevo accennare ad una proposta che lui fa.
Propone di convenire su questa distinzione. 
Possiamo distinguere tre mondi:

il mondo 1 fatto di stati e processi fisici,
il mondo 2 fatto di stati e processi mentali,
il mondo 3 fatto dei prodotti fisici del mondo 2.

Il mondo 2 non è esclusivo della specie umana, dice Popper: è evidente che anche altri animali hanno stati e processi mentali che producono sia comportamenti complessi sia oggetti materiali complessi come i nidi degli uccelli, le tele dei ragni, le dighe dei castori: costruzioni complesse e diverse una dall’altra a seconda della situazione ambientale. La tela del ragno, dice Popper, è prodotta dall'intelligenza del ragno: fa parte del mondo 3 come un libro, e come un libro è realtà materiale (mondo 1) che veicola stati e processi mentali (mondo 3 in quanto prodotto del mondo 2).
Popper propone questa distinzione tra mondi per poi cominciare a porsi delle domande. 

Ma già distinguere ha un suo potere significativo: gli esseri umani sono immersi in mondo 3, cioè in realtà materiale prodotta dall’uomo, che veicola in sé le sue paure, i suoi desideri, la sua attività mentale irrazionale e razionale, la sua capacità di trasmettere le sue conoscenze mediante il linguaggio, la sua storia, la sua stratificazione sociale in ricchi dominatori e poveri dominati. Gli umani immersi in mondo 1 quanti saranno? Forse lo siamo stati tutti nel corpo di nostra madre, ma poi, dal momento della nascita siamo venuti in un mondo essenzialmente di cultura, mondo 3.

In questo momento nella stanza in cui mi trovo fanno parte del mondo 1 il mio corpo, quello di due cani che dormicchiano sul pavimento vicino a me, una pianta verde, l’aria che respiro, la luce riflessa del sole che illumina la stanza. Altro? Non mi pare. Il resto, cioè la quasi totalità della stanza, i muri, i mobili, i libri, gli strumenti musicali, i miei vestiti, il pc su cui sto scrivendo, i tanti oggetti che mi circondano sono mondo 3.

martedì 12 luglio 2016

La più formidabile potenza materiale

"Vi sono due storie: la storia politica e quella della letteratura e dell'arte. La prima è la storia della volontà, la seconda è quella dell'intelletto. Perciò la prima, tutta quanta, ci riesce angosciosa, anzi spaventosa, piena com'è di angoscia, afflizione, inganno e orribili assassinii. La seconda, invece, è dovunque piacevole e  serena, come lo è l'intelletto isolato, anche se descrive errori. Il suo ramo principale è la storia della  filosofia. In sostanza essa è il suo basso fondamentale, che si fa sentire anche nell'altra storia e anche là, dal suo fondamento, guida l'opinione: ma quest'ultima domina il mondo. Perciò la filosofia è, in senso proprio e bene intesa, anche la più formidabile potenza materiale; essa, tuttavia, agisce con grande lentezza”.


(Schopenhauer, Parerga)

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.. e anche là, dal suo fondamento, guida l'opinione: ma quest'ultima domina il mondo.
.. la più formidabile potenza materiale...

La più formidabile potenza materiale... Capisco cosa vuole dire. Non capisco invece a prima lettura quel "dal suo fondamento"
La visione del mondo, la filosofia detta o implicita - la teoria implicita in ogni nostra azione - è il basso fondamentale della letteratura e dell'arte, "si fa sentire" anche nella politica e "anche là, dal suo fondamento, guida l'opinione".

Il fondamento della filosofia, della visione del mondo, della teoria implicita o esplicita in tutto ciò che facciamo, per Schopenhauer è la politica? 
Se così fosse, considerando la politica come emanazione dell'economia reale, ci sarebbe in questa affermazione una concordanza con il pensiero di Marx. Ma ben diversa è la considerazione del potere materiale della visione del mondo, che in Schopenhauer andrebbe incontro alla domanda: come può "la più formidabile potenza materiale" essere fondata dalla politica piuttosto che fondarla?

Non è l'opinione che domina il mondo, bensì coloro che manipolano l'opinione, ben consapevoli della sua "potenza materiale". E' vero che anche i manipolatori d'opinione sono guidati da una teoria, da una visione del mondo, ma questa a sua volta può essere pensata una realizzazione degli istinti, delle tendenze innate, biologiche, di sopravvivenza e dominio - cioè, direbbe Schopenhauer, della "volontà" che tutto muove. 

(12 luglio 2014)