“Come il ruscello non crea vortici finché non incontra ostacoli,
così la natura umana, e anche quella animale, comporta che noi non ci
accorgiamo e non ci rendiamo conto nettamente di tutto ciò che si conforma alla
nostra volontà. Se lo notiamo, vuol dire che non è andato subito conformemente
alla nostra volontà, ma ha trovato un qualche ostacolo. Invece, tutto ciò che avversa, ostacola,
contrasta la nostra volontà, dunque tutte le cose sgradevoli e dolorose, lo
sentiamo direttamente, immediatamente e molto nettamente. Come noi non avvertiamo
la buona salute di tutto il nostro corpo, bensì soltanto il punto dove la
scarpa ci fa male; così non pensiamo ai nostri affari complessivi, che vanno
perfettamente, bensì a qualche insignificante piccolezza che ci angustia.”
Per questo Schopenhauer considera il dolore di segno
positivo – si fa sentire in sé – mentre il bene, ogni felicità e soddisfazione,
è di segno negativo – la soddisfazione
di un desiderio, la fine di una pena comportano
la scomparsa, l’assenza del desiderio o della pena.
“Disgrazie grandi e piccole sono l'elemento della nostra
esistenza. Con ciò si accorda anche il fatto che, di regola, troviamo le gioie
molto al di sotto e le sofferenze molto al di sopra delle nostre aspettative. Chi vuole brevemente esaminare l'affermazione secondo
cui nel mondo il godimento predominerebbe sul dolore, o per lo meno che essi si
equilibrano l'un l'altro, paragoni la sensazione di un animale che ne divora un
altro con la sensazione di quest'ultimo.”
(Schopenhauer, Parerga)
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Mi sembra una indicazione utile, quest’ultima, nonostante
il carattere traumatico dell’immagine
usata da Schopenhauer – ma, sapendo il suo amore per i “fratelli animali”,
penso che usi certe immagini per far arrivare ciò che vuole dire al lettore.
L’orrore, il terrore, l’urlo del cosmo dilaniato della preda,
non ha, probabilmente, una reciprocità di tale infinita intensità nel piacere del predatore.
Così come, dice Schopenhauer, il dolore si presenta nelle nostre vite con intensità tale da non
essere mai raggiunta, reciprocamente, dal piacere – il piacere presto si trasforma nella noia.
A pareggiare le nostre angosce, in nostri tremori, a volte
il panico o il terrore, dovremmo provare altrettanti stati di piacere
intensissimo, di estasi totale e prolungata. Ebbene, Schopenhauer pensava che
solo con una contrapposizione consapevole alla automaticità inconscia della“volontà di vivere” riusciremmo a trovare
uno stato di più o meno continua assenza di dolore e una conseguente
beatitudine, come ci insegnano gli
uomini “santi” esistiti prima di noi. Altrimenti, nelle nostre vite vale la disparità tra ciò che prova l’animale
che sbrana – piacere, realizzazione di un istinto – con ciò che prova l’animale
sbranato – molto più di un dolore di pari peso del piacere dell’altro.
Il suggerimento conseguente potrebbe essere: accorgiti, se è
così, della disparità del peso delle tue pene rispetto a quello dei tuoi
piaceri. Accorgiti anche, se è così, che la tua tendenza è quella di scivolare
sui tuoi piaceri e sul tuo benessere e sostare invece a tutto peso sui tuoi
dolori e le tue preoccupazioni. Accorgiti cioè, se è così, che sei portato a
dare molta più importanza all’assenza che alla presenza, a sentire intensamente e lungamente il dolore, lievemente e brevemente il piacere.
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