"Vedemmo il malvagio,
per vivacità del suo volere,
soffrire perenne,
divorante intimo affanno,
e da ultimo,
quando tutti gli oggetti del volere
sono esauriti,
placar la rabbiosa sete dell'egoismo
con la vista della pena altrui;
quegli viceversa, in cui s'è affermata
la negazione della volontà di vivere,
per quanto povero, scevro di gioia,
di privazioni pieno
sia il suo stato visto dal di fuori,
è pieno d'intima gioia e di vera calma profonda.
Non sono più l'irrequieto impulso vitale,
l'esuberante gioia,
che ha per condizione precedente o successiva
un vivo dolore,
quali costituiscono la vita
di un uomo amante dell'esistenza;
ma è invece un'incrollabile pace,
una profonda quiete ed intima letizia,
uno stato che noi,
se ci vien posto davanti agli occhi o alla fantasia,
non possiamo guardare senza altissimo desiderio,
perché tosto lo riconosciamo
come l'unico a noi conveniente,
di gran lunga superiore a ogni altra cosa,
e verso di esso il nostro spirito migliore
ci spinge col grande sapere aude.
Sentiamo allora
come ogni appagamento dei nostri desideri
strappato al mondo
è appena simile all'elemosina,
che oggi tiene in vita il mendico
perché domani ancor soffra la fame."
(Schopenhauer, Il mondo)
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