“… ribaltamento tra interiorità ed esteriorità, e più in
generale tra interno ed esterno. Se un tempo la famiglia era l'interno in cui
si scambiavano quei tratti affettivi d'ira e d’amore e più in generale quella
libertà espressiva che occorreva contenere fuori, all'esterno, oggi, grazie
alla capillare diffusione della televisione, del computer o del cellulare
sempre accesi, la famiglia è il luogo in cui è di casa il mondo esterno, reale
o fittizio che sia.
Come opportunamente fa notare Anders, la casa reale, con le sue
quattro mura e i suoi quattro mobili, "è ridotta a un container per la
ricezione del mondo esterno" via cavo, via telefono, via etere, e quanto più il lontano si avvicina,
tanto più il vicino, la realtà di casa, quella familiare, si allontana e
impallidisce.
Né, a parere di Anders, la situazione migliora quando la
famiglia è "raccolta" intorno alla televisione, perché, a differenza
della tavola intorno a cui un tempo ci si sedeva - facendo scorrere, in un viavai continuo, sentimenti e risentimenti,
interessi e gelosie, sguardi e conversazioni di cui si nutriva la trama della
famiglia - davanti alla televisione la
famiglia è "raccolta non più in direzione centripeta, ma centrifuga”, solo
perché ciascuno, che non è più con l'altro, ma solo accanto all'altro, prenda
il volo verso una fuga solitaria che "non condivide con nessuno, o al
massimo con un milione di solitari del consumo di massa, che contemporaneamente
a lui, ma non insieme a lui, guardano lo schermo""
(U. Galimberti, I miti del nostro tempo; G. Anders, L’uomo è
antiquato)
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