“Tutto ciò che nell'uomo è originario, e perciò genuino, agisce,
come le forze della natura, in modo inconscio. Ciò che è passato attraverso la
coscienza è, appunto perciò, diventato una rappresentazione: ne discende che la
manifestazione di questa coscienza è, in un certo senso, la comunicazione di
una rappresentazione. In conformità con ciò tutte le qualità del carattere e
dello spirito che reggono alla prova sono d'origine inconscia, e soltanto come
tali esse producono un'impressione profonda. Quel che l'uomo compie
inconsciamente non gli costa fatica alcuna, ma non può essere sostituito a
prezzo di qualsivoglia fatica: di questo tipo è il sorgere di concezioni
originali che sono alla base di tutte le opere genuine e ne costituiscono il
nucleo. Perciò soltanto le qualità innate sono genuine e reggono alla prova, e
ognuno che vuol compiere qualcosa di valido deve in ogni cosa, nell'agire,
nello scrivere, nel plasmare seguire le regole senza conoscerle.”
(Schopenhauer, Parerga)
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Passo magnifico - si capisce il riconoscimento che Freud fece a Schopenhauer. Ma, limitandoci a questo passo, emerge anche la distanza tra i due: qui l'origine inconscia è valore, mentre nella psicoanalisi freudiana è spesso il contrario. E' anche vero, però, che la "volontà di vivere " di Shopenhauer include l'affermazione di sé che, non sorretta da un intelletto forte e dalla capacità empatica, diventa egoismo indifferente alla sorte degli altri esseri umani e degli animali, o perdizione nell'inseguimento continuo di una impossibile soddisfazione definitiva del desiderio.
Ma, nell'insieme, se c'è una cupezza di visione del rapporto coscienza-inconscio, è di Freud, non di Schopenhauer.
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