“Le scene della nostra vita somigliano alle immagini in un
mosaico grossolano, che da vicino non fanno effetto, e, per vederle bene,
bisogna esserne lontani. Perciò, raggiungere qualcosa di desiderato vuol dire
rendersi conto che è qualche cosa di vano, e che viviamo sempre attendendo il
meglio, spesso rimpiangendo, al tempo
stesso, il passato. Il presente, invece, viene accettato sul momento così com'è
e stimato come una via verso la meta. Perciò la maggior parte delle
persone, se alla fine guarderanno indietro, troveranno di aver vissuto per
tutta la vita ad interim, e si meraviglieranno di vedere che proprio ciò che
hanno lasciato passare senza considerarlo e senza goderlo è stato la loro vita,
è stato proprio quello nell'attesa del quale hanno vissuto.
E così infatti è di
regola il corso della vita umana: l'uomo preso in giro dalla speranza, finisce
a passo di danza tra le braccia della morte. E a ciò si aggiunga
l'insaziabilità della volontà individuale, grazie alla quale ogni soddisfazione
genera un nuovo desiderio, e la sua brama, eternamente insoddisfatta,
progredisce all'infinito! Essa però, in fondo, si basa sul fatto che la
volontà, presa in se stessa, è la signora dei mondi, alla quale tutto appartiene,
e alla quale perciò potrebbe arrecare soddisfazione non una parte ma la totalità,
che però è infinita. - Ma come deve suscitare la nostra compassione il
considerare quanto estremamente poco è dato a questa padrona del mondo nella
sua manifestazione individuale: per lo più, solo quanto basta a conservare il corpo individuale. Donde la sua profonda
sofferenza.”
(Schopenhauer, Parerga)
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