“Se si considera attentamente quanto grande e palese sia per
noi il problema dell'esistenza, di questa esistenza ambigua, tormentata,
fuggevole e simile al sogno - così grande e così palese, che, appena ce ne
accorgiamo, esso mette in ombra e fa sparire tutti gli altri problemi e scopi -
e se poi si osserva come tutti gli uomini - tranne alcuni pochi e rari -
sembrano non rendersi conto di questo problema, anzi non esserne affatto
consapevoli, bensì preoccuparsi di tutto meno che di esso vivendo soltanto alla
giornata e per il loro avvenire personale che forse non è più lungo d'un giorno
- se si riflette bene a ciò, io dico, si può cominciare a credere che l'uomo si
chiami essere pensante soltanto in un senso assai lato della parola, e si saprà
che l'orizzonte intellettuale dell'uomo normale supera, è vero, quello
dell'animale ma, che, tuttavia, la distanza fra l'essere umano e l'animale non
è così enorme come si suol credere.”
(Schopenhauer, Parerga)
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Il qui ed ora è la realtà presente, da essa deve partire ogni
visione che non sia illusione. Allargando lo sguardo, nello
spazio e nel tempo, come noi umani siamo capaci di fare, può emergere la
problematicità dell’esistenza,“questa esistenza
ambigua, tormentata, fuggevole e simile al sogno”.
Allora può accadere di essere portati a
fuggire dalla consapevole visione del “problema dell’esistenza”, ci mettiamo i paraocchi
e ci rifugiamo nella visione presente - un presente a cui tagliamo i significati, un presente intorno a cui facciamo buio, indifferenza.
Ma
siamo animali complessi e, se siamo stati sfortunati negli incontri dopo la
nascita, siamo diventati complicati, aggrovigliati. Accade
allora che il qui ed ora scotomico, il rifugio a testa bassa nel presente, la fuga a suon di negazioni e paramagiche
sparizioni della realtà, ci rende né uomini né animali. Incapaci d’essere
uomini e incapaci d’essere animali.
Se il qui ed ora, l’aderenza al presente è invece scelta istintiva o
meditata, successiva alla presa visione del “problema dell’esistenza”, senza far sparire niente o negare ciò che è, resta
l’esistenza e si dissolve la problematicità. Tanto più la scelta è istintiva,
senza ragionamenti, senza parole, tanto meno il nulla e i fantasmi che di esso
si nutrono hanno buon gioco delle nostre vite.
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