“Un giorno la filosofia greca incontrò l'annuncio
giudaico-cristiano che parlava di una terra promessa e di una patria ultima. L'anima,
che Platone aveva ideato, si trovò orientata a una meta e prese a vivere
l'inquietudine dell'attesa e del tempo che la separava dalla meta. Un tempo non
più descritto come ciclica ripetizione dell'evento cosmico, ma come irradiazione
di un senso che trasfigurò l'accadere degli eventi in "storia", dove
alla fine si sarebbe compiuto ciò che all'inizio era stato annunciato.
Ma anche questa cosmologia e questa temporalità non tardarono
a vacillare, e con esse tutte quelle idee che ne indicavano la scansione.
Annunciando che era la terra a ruotare intorno al sole, a sua volta lanciato in
una corsa senza meta, la scienza consegnò una nuova descrizione del mondo, in
cui si riconosceva il carattere relativo di ogni movimento e di ogni posizione
nello spazio, che a sua volta andava sempre più a confondersi con il tempo,
fino a togliere al linguaggio della filosofia e della religione tutte le idee
normative che dicevano orientamento e stabilità. La conseguenza fu il
decentramento dell'universo. La nuova descrizione impiegava ancora le antiche
parole, ma queste, nell'indicare le cose, non designavano più la loro essenza,
ma solo la loro relazione.
Senza più né "alto" né "basso", né
"dentro" né "fuori", né "lontano" né
"vicino", l'universo, come ci ricorda Nietzsche," perse il suo
ordine, la sua finalità e la sua gerarchia, per offrirsi all'uomo come pura
macchina indagabile con gli strumenti della ragione fatta calcolo, che
dischiudeva lo scenario artificiale e potente della tecnica, in cui l'uomo
scoprì la propria essenza rimasta a lungo nascosta e resa inconoscibile dalla
descrizione mitica del mondo."
La terra, da terra-madre, divenne materia indifferente; il
cielo cedette la mitologia delle stelle alla polvere cosmica, e l'anima dell'uomo, psyché,
che Platone aveva sottratto alla temporalità e orientato verso l'eternità,
prese a inseguire gli eventi del tempo e le sue sempre nuove configurazioni…”
(U. Galimberti, La casa di psiche)