venerdì 22 marzo 2013

In che modo tu possa trascorrere dolcemente la tua vita

 "Non si ritenne adeguato alla superiorità della ragione che l'essere che ne è fornito e che per mezzo di essa abbraccia e domina un'infinità di cose e di situazioni, ciò nonostante dovesse essere esposto a dolori così intensi, a timori così grandi e alle sofferenze generate dall'impeto violento della brama e della rinuncia; e si ritenne che l'uso appropriato della ragione dovesse sollevare l'uomo al di sopra di tutto ciò e potesse renderlo invulnerabile...
Si è visto che la privazione e la sofferenza non sono direttamente e necessariamente originate dal non avere, ma dal voler avere senza avere in realtà; che quindi questo voler avere è la condizione necessaria nella quale il non avere diventa privazione e causa dolore...
Ogni volta che un uomo perde in qualche modo il controllo, è atterrato dalla sciagura o si adira o si perde d'animo, egli manifesta in tal modo che trova le cose diverse da quelle che si era aspettato e che egli, di conseguenza, si era sbagliato, non conosceva il mondo e la vita, non sapeva come la natura inanimata per caso e la natura animata per fini contrapposti o per malvagità contrastino in ogni momento la volontà del singolo: egli non ha usato la sua ragione...
Anche ogni viva gioia  è dunque un errore, un'illusione, poiché nessun desiderio soddisfatto può appagare durevolmente, anche perché ogni possesso e ogni felicità sono concessi soltanto dal caso per un tempo indeterminato e, di conseguenza, possono essere revocati subito dopo... All'uomo saggio, perciò, saranno sempre lontani sia la felicità che il dolore e nessun evento turberà la sua atarassia (assenza di agitazione, di turbamento)...
L'etica stoica, presa nel suo insieme, è un tentativo assai stimabile e degno di considerazione di utilizzare il grande privilegio dell'uomo, la ragione, per un fine importante e benefico, quello cioè di sollevarlo al di sopra delle sofferenze e dei dolori che sono retaggio di ogni esistenza, con questo insegnamento: "In che modo tu possa trascorrere dolcemente la tua vita, senza essere sempre agitato e tormentato dalla bramosia, dal timore e dalla speranza di beni di scarsa utilità..." e farlo, appunto così, partecipe in sommo grado della dignità che gli spetta, come creatura ragionevole... Per quanto però quel fine sia in certa misura raggiungibile mediante l'uso della ragione e per mezzo di un'etica semplicemente ragionevole, manca tuttavia moltissimo perché si realizzi qualcosa di perfetto in questo genere e perché la ragione rettamente usata ci possa liberare veramente da tutti i gravami e da tutte le sofferenze della vita e ci possa condurre alla felicità. C'è invece una piena contraddizione nel voler vivere senza soffrire...
Questa contraddizione si rivela già anche in quell'etica della ragion pura, per il fatto che lo Stoico è costretto a inserire nel suo insegnamento per una vita felice (giacché questa resta sempre la sua etica) una raccomandazione al suicidio... più precisamente nel caso in cui le sofferenze del corpo, che non possono essere eliminate filosoficamente da principii e sillogismi, siano prevalenti e inguaribili e il suo unico fine, la felicità, sia pertanto frustrato e che per sottrarsi alla sofferenza non resta altro che la morte, che dovrà essere accolta con la stessa indifferenza di ogni altra medicina...
A questo punto si fa palese un forte contrasto fra l'etica stoica e tutte quelle che pongono come fine la virtù in sé e in maniera diretta, anche con le più atroci sofferenze e non vogliono che si ponga fine alla vita per sottrarsi ad esse, benché nessuna di loro sappia enunciare il vero motivo per rifiutare il suicidio... La suddetta contraddizione interna, della quale l'etica stoica è affetta nel suo stesso pensiero fondamentale, si mostra anche nel fatto che il suo ideale, il saggio stoico, nella stessa esposizione di quell'etica non è mai riuscito ad essere vitale o ad avere una verità poetica interiore, ma resta un rigido manichino di legno, di cui non si sa cosa fare, che non sa lui stesso che farne della sua saggezza e la cui perfetta calma, soddisfazione, felicità si oppongono addirittura alla natura umana e non ci fanno pervenire a nessuna rappresentazione intuitiva di essa."

(Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, N.C. 2011, pp 111-116)

1 commento:

  1. lessi un libro che diceva: è nel desiderio che nasce la radice della sofferenza.....
    quindi sarebbe scontato dire elimina il desiderio di avere e non soffrirai, ma siamo umani...............
    si cerca sempre qualcosa da aggiustare nella vita sia in noi che negli altri, il risultato però è spesso negativo, forse sarebbe bene vivere la nostra vita così come viene perchè alla fine non c'è niente da aggiustare ma soltanto vivere e lasciare che la vita viva noi.........

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