lunedì 28 gennaio 2013

E la terra?


Lo vedo passare più volte nello spazio d'attesa affollato. Reparto di radiologia. Lo riconosco: è un dirigente tecnico che venne a lavorare nell'ospedale dove lavoravo anch'io, gli ultimi mesi prima che me ne andassi da lì. Tanti anni fa. Ricordo lui, ma non di lui, nemmeno il nome.
Mentre mi passa accanto gli rivolgo la parola come se stessimo già parlando da un po'.
"Pensi sia necessario il mezzo di contrasto?"
Gli mostro la cartella di Pronto Soccorso di mia madre.
La guarda.
"Può essere utile."
"Certo. Ma non necessario, nel suo caso, penso. Noi ci siamo conosciuti in un altro ospedale."
"Sì."
Si gira meglio verso di me, e penso mi stia dicendo qualcosa dell'esame.
"Cielo e mare non conoscono compleanni."
"Lo so." rispondo scioccamente, sorpreso.
Sorride.
"Certo che lo sai. Me lo hai insegnato tu."

mercoledì 2 gennaio 2013

Tutto passa, sì, ma a che velocità?


Possiamo capire il passare del gabbiano, su scala simile alla nostra, simile al nostro passare. Ma quelle pietre, che pure mostrano i segni evidenti del loro passare, stanno viaggiando nel tempo ad una velocità che noi possiamo pensare, dire, immaginare, misurare, ma non capire nel nostro intimo silenzioso: nonostante le cuciture per tenerle su più a lungo, le nostre mani, i nostri occhi, toccano pietre come quelle della foto come toccassero un sempre, così come i nostri occhi vedono il sole sorgere la mattina e viaggiare nel cielo intorno alla terra fino al tramonto e diciamo che è la terra su cui stiamo a girare, a muoversi nel cielo. Noi passiamo, sì, per noi tutto passa, ma spostiamo verso l'esterno questo "tutto passa": tu passi, pietra rattoppata, diciamo, e fotografiamo l'ombra del gabbiano per cambiarle radicalmente velocità di passaggio.