mercoledì 22 maggio 2013

I teschi e il lingam


"La realtà intima, essenziale, in sé del mondo è la Volontà; il mondo e la vita sono ciò che vediamo, soltanto immagine speculare della Volontà, e la accompagnano inseparabilmente, come l'ombra accompagna il corpo. Per la volontà di vivere la vita è cosa certa e finché siamo pieni di volontà di vivere non dobbiamo essere in ansia per la nostra vita, neppure in vista della morte. 
Noi vediamo bensì l'individuo nascere e perire, ma l'individuo esiste come fenomeno distinto solo per la conoscenza che lo separa dal resto: per questa, certamente, egli accoglie la propria vita come un dono, esce dal nulla, patisce poi con la morte la perdita di quel dono e torna nel nulla. Ma se noi consideriamo la vita nel suo insieme, troveremo che né la Volontà né il soggetto della conoscenza, lo spettatore dei fenomeni, sono toccati da nascita e morte. 
La nascita e la morte, infatti, appartengono al fenomeno, quindi alla vita, e alla vita è essenziale il manifestarsi negli individui che nascono e muoiono come effimere apparenze che si manifestano nel tempo di ciò che in sé non ha tempo. Nascita e morte appartengono in egual modo alla vita e si mantengono in equilibrio tra loro, come poli del fenomeno della vita nel suo insieme. 
La più saggia di tutte le mitologie, quella indiana, esprime tutto ciò raffigurando il dio che simboleggia la distruzione e la morte, Shiva, sia con un collare di teschi che con il lingam, simbolo della procreazione, che qui appare a bilanciare la morte indicando che procreazione e morte sono correlati essenziali in equilibrio tra di loro. 
Fu esattamente lo stesso modo di vedere le cose che spinse Greci e Romani ad ornare i preziosi sarcofaghi con feste, danze, matrimoni, cacce, baccanali, con rappresentazioni della più potente vitalità, volendo indicare la vita immortale della natura, muovendo dalla morte del compianto individuo e indicando che l'intera natura è la manifestazione e il compimento della volontà di vivere. L'individuo nasce e muore, ma questo tocca ben poco la Volontà di vivere: l'intera natura non si preoccupa per la morte di un individuo, poiché non importa l'individuo ma la specie, alla cui conservazione essa tende con tutto l'impegno provvedendo con abbondanza di gameti e la grande potenza dell'istinto fecondativo. Ora, poiché l'uomo è la natura stessa, può consolarsi della propria morte e di quella delle persone amiche volgendosi a guardare la vita immortale della natura, che è lui stesso. Shiva con il lingam, i sarcofaghi antichi con le immagini della vita più ardente dicono con voce forte al dolorante osservatore: La natura non si rattrista."

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)


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