lunedì 13 maggio 2013

Il cane e la caninità


Schopenhauer scrive che alla base di tutte le sue considerazioni sull'arte c'è "la verità che l'oggetto dell'arte è un'idea." Non un concetto, bensì un'idea, e ci tiene a far capire al lettore la differenza tra ciò che intende come idea, da cui nasce la vera arte, e ciò che intende come concetto, strumento della falsa arte, quella degli imitatori, i furbi "manieristi".

Ciò che intende con la parola concetto appare facile da capire - del resto fa parte delle sue caratteristiche, la comprensibilità facile, a portata di mano, o più esattamente a portata di parola. Sappiamo tutti che "il cane" è una parola che indica una serie di caratteristiche necessarie a identificare "un cane" qualsiasi che poi mi trovo davanti.

"Il concetto è astratto, discorsivo, raggiungibile e afferrabile da ciascuno con la sola ragione, comunicabile per mezzo delle parole, interamente esauribile per mezzo della sua definizione."
Nasce dall'esperienza di più oggetti che hanno in comune delle caratteristiche per cui è possibile riunirli con una sola etichetta, una sola parola: "E' l'unità ripristinata a partire dalla molteplicità mediante l'astrazione della nostra ragione." 
Con un processo mentale di sintesi delle caratteristiche comuni a una serie di oggetti della realtà costruiamo il concetto che li riunisce, li rappresenta; siamo andati dal particolare verso il generale; se andiamo a considerare il concetto con mente analitica, cioè se dal generale torniamo verso il particolare, scopriamo che "il concetto è un contenitore passivo, una inerte custodia, in cui le cose che vi sono state messe giacciono l'una accanto all'altra,  e dal quale non è possibile estrarre più di quanto vi sia stato messo."
"Il concetto, per quanto sia utile per la vita ed utilizzabile, necessario e fecondo per la scienza, per l'arte è perennemente sterile. Gli imitatori, i manieristi, nell'arte muovono dal concetto: essi prendono nota di ciò che nelle vere opere piace e commuove, se lo chiariscono, lo afferrano in forma di concetto, quindi in modo astratto, e poi lo imitano, apertamente o celatamente, con astuta intenzionalità."

Meno facile è capire ciò che Schopenhauer intende con la parola idea - ma anche questo fa parte della "cosa" indicata da questa parola così come lui la intende - all'incirca come la intendeva Platone, di cui Schopenhauer riconosce la fecondità di pensiero, ma con momenti di confusione, da parte di Platone, proprio tra concetti e idee.

"L'idea è assolutamente intuitiva, e sebbene rappresenti un'infinità di singole cose è tuttavia ben determinata. Non è conosciuta da chiunque, ma soltanto da chi si è elevato a puro soggetto di conoscenza, al di sopra di ogni volere e di ogni individualità."
Cioè, per arrivare a cogliere un'idea dobbiamo vivere uno di quei momenti in cui guardiamo la realtà lasciandoci prendere completamente da ciò che guardiamo, liberi, almeno per qualche momento, da preoccupazioni particolari, e liberi anche da quei processi mentali automatici che inseriscono ciò che guardiamo nella abituale rete di connessioni temporali, spaziali e causali - processi automatici necessari alla conoscenza abituale, funzionale, capaci di formare concetti e andare per catene di concetti, ma, secondo Schopenhauer, incapaci di cogliere l'idea che sta in ciò che guardiamo: per cogliere l'idea è necessario lo sguardo vuoto, nuovo, incantato del "puro soggetto di conoscenza", la persona geniale, o di chi si trovi in quel momento in una disposizione geniale.
"L'idea non è comunicabile sempre, ma con riserva, poiché l'idea percepita e riprodotta nell'opera d'arte si rivolge a ciascuno solo in proporzione al suo valore intellettuale, per cui proprio le opere più eccellenti di ogni arte, le più nobili creazioni del genio, restano per la ottusa maggioranza degli uomini inaccessibili come libri perennemente chiusi." 
"L'idea è l'unità distribuita nella molteplicità, in virtù della forma temporale e spaziale della nostra apprensione intuitiva, mentre il concetto è l'unità ripristinata a partire dalla molteplicità mediante l'astrazione della nostra ragione. L'idea sviluppa in colui che l'ha colta rappresentazioni nuove rispetto al suo concetto omonimo, simile a un vivente dotato di forza generativa che produce ciò che non conteneva incasellato dentro di sé."

Insomma, indicando con "caninità" l'idea e con "il cane" il concetto, l'idea non è contenuta nel concetto omonimo, ha un suo percorso mentale e psichico molto diverso, secondo Schopenhauer: posso ben riconoscere un cane, avendo in testa il concetto di cane, posso parlarne, posso ben conoscere i cani, sapere tutto dei cani, ma non aver mai avuto l'intuizione della caninità - questa conoscenza intuitiva sta su un altro piano, quello della conoscenza "pura" e dell'arte, di cui è l'oggetto.

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)

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