lunedì 6 maggio 2013

L'impaccio dell'Io adulto




La "beatitudine della contemplazione senza volontà", scrive Schopenhauer, la viviamo spesso quando ricordiamo e ci tornano in mente fatti e situazioni e "... la nostra fantasia richiama soltanto gli oggetti, non già il soggetto della volontà che allora si portava dietro così come adesso le sue pene inguaribili, ma queste sono dimenticate poiché esse da allora hanno fatto posto molto spesso ad altre."
E' una forma di illusione, scrive. "Noi possiamo sottrarci a ogni sofferenza portata dagli oggetti presenti allo stesso modo che con quelli lontani non appena ci innalziamo alla considerazione puramente oggettiva di essi, potendo così creare l'illusione che solamente quegli oggetti sono presenti e non noi stessi: allora, liberati dall'impaccio dell'io, come puri soggetti di conoscenza diventeremo una sola cosa con quegli oggetti, e quanto la nostra pena è loro estranea, altrettanto essa lo è per noi in quei momenti. Resta soltanto allora il mondo come rappresentazione e il mondo come volontà è scomparso." (p 225)

Cioè, la "beatitudine" sarebbe possibile nella pura rappresentazione del mondo. Schopenhauer dice "puro soggetto di conoscenza", ma è una purezza non di contenuto bensì di trasparenza, di inesistenza. Non mi risulta chiaro il suo pensiero su questo punto, e penso che lui stesso ogni tanto non tenga conto della confusione facilitata dalla scelta che ha fatto di usare il nome "volontà" per indicare la realtà insita, la "cosa in sé" che esiste in quanto si manifesta e noi con i nostri apparati sensibili ce la rappresentiamo.
Come Schopenhauer ha scritto esplicitamente, questa "volontà", questa energia-materia che fluisce incessantemente assumendo infinite forme, è cosa molto diversa da quella indicata comunemente dalla parola "volontà", quella della pratica quotidiana, per cui per tutti noi è diverso se qualcosa che abbiamo fatto la abbiamo voluta consapevolmente fare oppure no.

Se chiamiamo questa pratica quotidiana "volontà" con la v piccola e quella indicata da Schopenhauer insita nel mondo come "Volontà" con la V grande, lui in questo ultimo passaggio scrive:

"... e il mondo come Volontà è scomparso."  
oppure: 
"... e il mondo come volontà è scomparso."

Penso che abbia voluto dire la seconda: "Resta allora soltanto il mondo come rappresentazione e il mondo come volontà è scomparso.", volontà con la v minuscola, cioè sono scomparsi in quel momento tutti gli apprendimenti che sono andati sviluppandosi con il vivere, quelli che hanno plasmato il nostro volere - con cui tutti siamo nati per cui abbiamo respirato e ci siamo fatti sentire mentre il cuore batteva forte e tutte le cellule e gli organi e gli apparati facevano la loro parte e dopo un po' di riposo con precisa volontà abbiamo cercato il seno e del seno il capezzolo - e lo hanno fatto diventare esperienza dopo esperienza la nostra complessa volontà, ciascuno con il proprio assetto psichico e i propri motivi personali, ciascuno secondo la propria storia personale.

Quindi, Schopenhauer vuol dire che in certi momenti scompare questa volontà, con la minuscola: la Volontà, la "cosa in sé", non può scomparire, poiché essa non compare mai in sé - se no l'avrebbe vista pure Kant, che invece la riteneva inconoscibile. La Volontà compare come realtà da noi percepibile secondo le modalità possibili alle nostre strutture percettive e di elaborazione, cioè con le coordinate spazio-temporali e causali: compare come rappresentazione. Solo in rapporto con la rappresentazione del nostro corpo possiamo arrivare, dall'interno, a intuire la Volontà, e, secondo Schopenhauer, possiamo estendere questa intuizione a tutto il mondo. La Volontà che a partire da noi stessi, il nostro corpo materiale, abbiamo intuito, non può scomparire poiché, ripeto, non appare mai in sé; può scomparire invece, in certi momenti, la volontà personale, quella che ha i suoi motivi nel tendere verso le cose, e solitamente mette la realtà percepita in catene i cui anelli son fatti di dove, quando, perché, da cosa, verso che cosa.

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, N.C. 2011)


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