martedì 28 maggio 2013

Quando la mente mente

Secondo Schopenhauer, alla base della credenza che la vita individuale continui dopo la morte c'è lo svuotamento di potere conoscitivo di ciò che è per tutti evidente: che tutti gli esseri viventi, sia del mondo animale che del mondo vegetale, piccolissimi o grandissimi che siano, effimeri come farfalline di un solo giorno di vita o longevi come elefanti o baobab centenari, nascono vivono e muoiono, e dopo che sono morti non li vediamo più andare in giro per il mondo, non quelli che sono morti, non quei soggetti, quegli individui: per quelli che sono morti la natura dice che la cosa finisce lì. 
Dovrei pensare che se così è per tutti gli esseri viventi del mondo, sarà così anche per me: deduzione assai problematica, questa, per cui, col dito sul grilletto della negazione di un fatto evidente, ho la possibilità di cavarmela con una invenzione, che non devo fare la fatica di trovare io: fin da bambino la trovo già pronta, collaudata, condivisa, culturale, e la trovo ovunque io sia nato - ogni cultura, ogni religione me la offre, me la suggerisce o in qualche modo me la impone - è un'invenzione così diffusa che si può pensare avvenga su negazione di specie, quella umana, negazione dell'evidenza, alla quale siamo predisposti quando le cose si mettono male e sorge per noi qualche difficoltà insuperabile o che pensiamo sia insuperabile. Predisposti alla conoscenza delle cose, quando ciò che conosciamo ci pone gravi difficoltà siamo anche predisposti a strategie alternative di negazione e sostituzione della prima conoscenza con una illusione, una falsa conoscenza.

Per dire: se sono un bambino piccolo e noto che mia madre non mi vuole per niente bene, anzi le do impiccio, non posso accettare l'evidenza, se no sto davvero nei guai: di madre si sa, ce ne è una sola, per cui sai che ti dico? mia madre è una santa, se ce l'ha con me ha ragione, io sono cattivo assai - e se mi è morto il gattino...
A seconda di dove sono nato, questa invenzione a parare le conseguenze del gattino morto, questo racconto più o meno sacro, me lo offre la religione del luogo, che in modi diversi mi dice: non temere, caro, non piangere, la tua vita non finisce con la morte come è stato per il tuo gattino, no, la tua vita prosegue, va oltre, tu continuerai a vivere in un qualche paradiso b-e-l-l-i-s-s-i-m-o, ma, ma, sai, te lo devi meritare: prima, devi fare quello che ti dico io di fare - oh! non ti imbronciare, suvvia, lo so che lo sai, che è ben poca cosa la tua obbedienza in questa breve vita rispetto all'eternità dopo la morte - lo so che lo sai, che è ben poca cosa il sacrificio dell'intelligenza della verità sensibile rispetto alla pace del dogma di fede sovrannaturale - cosa? non hai capito? significa che la morte del tuo gattino non è vera, non farci caso: la natura mente!

Mediante questa credenza, che la vita individuale continui dopo la morte, l'evidenza che tutti gli esseri viventi muoiono viene svuotata del suo potere di fatto: la natura mente, dunque, ci fa vedere un'apparenza, per cui ciò che vediamo non è la verità, quell'essere vivente da me amato continua a vivere anche se non lo vedo, e così sarà anche per me, e quando sarà io vedrò ciò che ora non posso vedere: l'al di là oltre la morte.

Non solo oltre la morte. Da questa negazione tipica della nostra specie derivano esistenze di mondi paralleli a iosa. La morte esiste ma, dopo, la vita continua, e questa vita che continua può scorrere parallela a quella, unica mentre sono vivo qui, che posso vedere sentire toccare. La morte esiste ma non esiste, non è vera, quello che vedo non è la verità: la natura, il mondo dell'esperienza sensibile, mente.

C'è un'altro tipo di negazione che svela più chiaramente di essere il punto d'appoggio per un delirio.
Questa: tutti gli esseri viventi nascono vivono e muoiono, ma io no - io sono eterno, non sono come gli altri. Questo delirio non vive solo nelle case di cura: anzi, nascostamente vive soprattutto fuori e spesso viene scherzosamente manifestato - non è uno scherzo.

Chi crede che la sua vita non finisca con la sua morte individuale, dunque, scrive Schopenhauer, non si fida di quello che la natura del mondo mostra chiaramente, apertamente, "ingenuamente". L'origine vera dei dogmi e delle credenze sulla vita dopo la morte sta nella consapevolezza inconscia di ogni essere umano "di essere lui stesso la natura, il mondo".
Questa consapevolezza inconscia, che la vita di cui sono espressione continua dopo la mia morte, non è certamente consapevolezza di continuazione della mia vita individuale, che finisce definitivamente con la mia morte così come la natura mi mostra chiaramente per tutti gli esseri viventi.

"Benché il singolo fenomeno della Volontà abbia inizio nel tempo e finisca nel tempo, la Volontà stessa non ne è toccata. Alla Volontà di vivere è sempre certa la vita: questo non va confuso con le dottrine sulla sopravvivenza individuale."

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)


1 commento:

  1. Un giorno mio padre mi disse: il momento che nasci hai gia fatto il primo passo verso la morte.....non correre, non c'è premio a quell'arrivo, non ci sono atri passi.

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