mercoledì 15 maggio 2013

Speriamo che


Dalle tragedie degli adulti "normali", quelle tragedie che derivano da incontri tra adulti che finiscono col "farsi il più gran male sapendo e vedendo", conseguono le tragedie dei figli che da quegli incontri nascono. Quegli adulti che forse potevano cavarsela se avessero fatto altri incontri, diventano a volte genitori che fanno cose da orrore per presenza violenta o per complementare violenza d'assenza. E, col tempo, gli altri adulti, intorno, che vengono a sapere e vedono, quando non schivano di rapida viltà con un'indifferenza che si inanella agli orrori che incatenano il bambino al suo tragico destino, capiscono l'orribile delitto che si sta compiendo dietro muri di negazione che ordina l'impotenza, cercano di fare qualcosa, sperando, sperando a mascelle serrate - fanno quello che possono, quello che è loro consentito fare - sperando che serva, che aiuti almeno un poco quel bambino a lenire la sua sofferenza - che allenti la ferrea stretta del suo ingiusto destino.
Ma, ecco, volevo aggiungere alle considerazioni di Schopenhauer questa, della tragedia di tanti bambini - mi pare che i bambini compaiano ben poco nella sua opera. Forse allora l'infanzia, la sua fondamentale importanza, la sua bellezza, le emozioni, le paure, il pensiero, e anche le sue tragedie, non era conosciute quanto lo sono oggi. Quanto lo sono, oggi?


1 commento:

  1. Ma non dovrebbe essere naturale mettere l'infanzia al centro dell'interesse di noi tutti? Intendo dire non solo culturalmente ma anche socialmente, che sono i bambini di oggi il nostro futuro. Migliore o peggiore non dipende forse anche da noi? E dunque per rispondere alla tua domanda oggi ne sappiamo tutti di più ma alla fin fine è ininfluente.

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