martedì 18 giugno 2013

Il marinaio fiducioso


La psicoanalisi ha avuto come oggetto privilegiato i processi mentali di cui non abbiamo coscienza. Per studiare questi processi inconsci ha focalizzato la sua attenzione sul sogno durante il sonno e su tutti quei fenomeni, manifestazioni, sintomi che sono inspiegabili restando sul piano della coscienza, cioè utilizzando la logica di quando siamo svegli e vigili e il mondo ci appare composto di oggetti animati e inanimati separati e riconoscibili in rapporto spaziale, temporale e causale tra di loro.

I sogni hanno una logica diversa da quella della veglia: in sogno possiamo passare da un luogo all'altro anche molto lontano in un attimo, così come possiamo passare da un tempo all'altro, tornare al passato e un momento dopo star di nuovo nel presente o in un qualche futuro. Anche il rapporto di causa ed effetto tra le cose, nel sogno, non è quello della nostra conoscenza pratica del mondo durante la veglia.

Il modo diverso in cui usiamo spazio, tempo e causalità mentre sogniamo non è però esclusivo del sogno: anche quando siamo svegli questa diversa logica è attiva, come una base continua che resta sullo sfondo ed emerge in alcuni momenti della nostra giornata o, con maggiore evidenza di intensità e durata, in alcune nostre sofferenze e comportamenti dei quali non sappiamo dare spiegazione a noi stessi e agli altri.

Il modo sognante, insomma, è presente anche quando siamo svegli, e il modo realistico è presente anche quando sogniamo: cambiano le proporzioni tra i due modi, per cui nella veglia domina il modo realistico - oggetti separati, distinti, disposti nello spazio e nel tempo secondo le precise modalità della conoscenza scientifica - e nel sogno domina invece il modo per cui gli oggetti tendono a perdere separatezza e distinzione, e sono disposti nello spazio e nel tempo secondo modalità imprevedibili.

L'essere umano, scrive Schopenhauer, si aggrappa al modo realistico della veglia, per cui "... conosce le cose come fenomeni distinti, separati, molto diversi o del tutto contrapposti. Egli vede che uno vive nella gioia, nell'abbondanza e nei piaceri e, al tempo stesso, davanti alla sua porta, vede l'altro morire atrocemente per la miseria ed il freddo. Allora si chiede: dov'è la giustizia? E lui stesso, nell'istinto potente della volontà che è la sua origine e la sua essenza, afferra la voluttà e i piaceri della vita, li trattiene stringendoli forte, e non sa che proprio con quest'atto egli afferra i dolori e i tormenti della vita alla cui vista inorridisce, e li stringe forte a sé.  Come, infatti, sul mare in tempesta che da ogni lato solleva e sprofonda enormi mugghianti montagne d'acqua, un marinaio siede nel suo battello fiducioso nella debole imbarcazione, così, in un mondo pieno di tormenti, l'uomo solo è tranquillamente seduto fiducioso nel suo modo di percepire il mondo come fenomeni. Il mondo sconfinato, pieno ovunque di sofferenza, nel passato infinito, nel futuro infinito, gli è estraneo, anzi è per lui una favola: l'unica realtà è per lui la propria persona evanescente, il proprio presente inesteso, il suo piacere momentaneo,  e per conservare tutto ciò egli fa di tutto, finché una migliore conoscenza non gli apra gli occhi - fino ad allora, nell'intima profondità della sua coscienza vive soltanto il presentimento molto oscuro che per lui tutto quello non gli è poi così estraneo, ma ha con lui un rapporto dal quale il suo modo di vedere il mondo non lo può proteggere. Da questo presentimento ha origine quel terrore così inestirpabile e comune a tutti gli esseri umani (anzi, forse persino agli animali più intelligenti), da cui sono colti quando, per un qualche caso, perdono fiducia nel loro modo di vedere il mondo in fenomeni separati e distinti o il rapporto di causa viene meno, per cui un qualche cambiamento si verifica senza una causa, o un morto torna a vivere, o che in qualche modo il passato e il futuro siano presenti, o ciò che è lontano sia vicino. L'enorme spavento per queste cose si basa sul fatto che essi improvvisamente non possono contare sulle forme di conoscenza dei fenomeni le quali soltanto tengono separata la loro individualità dal resto del mondo."

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)


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