sabato 27 luglio 2013

Abusus optimi pessimus


Per farci capire cosa intende con la sua formula "rinuncia alla volontà di vivere", Schopenhauer in primo luogo suggerisce di leggere approfonditamente le vite degli uomini che hanno coraggiosamente contrastato le motivazioni egoistiche che sono alla base della storia che ci viene tramandata, quasi esclusivamente storia della volontà di vivere.
La storiografia infatti non si occupa dell'uomo umile che ha capito come non farsi incatenare al dolore insito nella vita, e che proprio per questa scelta passa inosservato, non lascia traccia se non nelle persone che lo hanno conosciuto da vicino.
Qualcuno di questi uomini, però, fa parte della storia ufficiale, quasi sempre per la testimonianza di chi li ha conosciuti e ne tramanda la vita e gli insegnamenti.
Cristo è uno di questi, e, scrive Schopenhauer, l'etica cristiana è interamente nello spirito della "rinuncia alla volontà di vivere".
"L'amore per il prossimo, equivalente all'amore di sé, la beneficienza, amore e bene in cambio dell'odio, la pazienza, la sopportazione delle offese senza opporre resistenza, la frugalità del cibo per opporsi alla concupiscenza, possibilmente la completa resistenza all'impulso sessuale: già qui noi vediamo i primi gradi dell'ascesi o della vera e propria negazione della volontà di vivere, che nei vangeli è chiamata negazione di se stessi e l'assunzione su di sé della croce. Questo orientamento diede origine ai penitenti, agli anacoreti e al monachesimo, origine che in sé fu pura e santa, ma ciò che poi ne derivò, a causa dell'inclinazione della maggioranza degli esseri umani, divenne ipocrisia e scelleratezza."

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)
 

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