giovedì 22 maggio 2014

Sono ancora vivi, se noi siamo ancora vivi


"Per il Greco, dunque, dal dolore, visualizzato non nella modalità cristiana dell'espiazione della colpa ma nella modalità tragica dell'ineluttabilità della legge di natura, nascono quelle due forme, non di rassegnazione, ma di resistenza al dolore che sono: il sapere (màthesis) che consente di evitare il male evitabile, e la virtù (areté) che consente, entro certi limiti, di dominare il dolore.
Perché la virtù, qui intesa come forza e coraggio di vivere al di là delle avversità, sia efficace, è necessaria la misura (métron), senza la quale anche la forza e il coraggio di vivere vanno incontro alla sconfitta, perché l'uomo che vuole andare oltre il proprio limite decide anche la sua fine. Quando diviene tracotante la sua forza volge in debolezza, la sua felicità in sciagura. Per questo la virtù chiede all'uomo di essere attento al suo limite, e questa attenzione i Greci la hanno chiamata prudenza, saggezza (phrònesis)."

(U. Galimberti, La casa di Psiche, Feltrinelli)

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Li hanno imprigionati in un casolare ai margini della valle di lacrime, i nostri avi, ben legati e imbavagliati, mentre ci facevano il lavaggio del cervello fin da bambini, mettendoci in ginocchio e così tenendoci per tutta la vita, noi valligiani cupi, nenianti, ipnotizzati, terrorizzati, inchiodati - croci, croci, croci, colpe, cuori sanguinanti, madri vergini, madri in lutto, gigli impotenti, angeli, putti puttini e puttoni, santi santini santucci santoni, diavoli zoccoluti coduti cornuti, misteri, mistero, mistero, dogma, dogmi, dogmani, sagrestie - il nostro stesso pensiero ridotto ad una sagrestia, noi tutti violentati nelle nostre intelligenze come lo sono stati fisicamente i tanti ragazzini lasciati nelle mani dei sergenti montanari.
Con sorpresa ho letto il passaggio di Galimberti riportato qui sopra. Con commozione. Eppure ho fatto il liceo classico, ho studiato a lungo, sia nell'ambito scientifico che nell'ambito umanistico, ancora studio, leggo, ascolto, cerco. Ed ecco, mi ritrovo a leggere, a rileggere, capire forse per la prima volta, in questo libro di Galimberti, che ringrazio, quello che hanno capito i nostri avi, i Greci, riscopro il loro sapere comprensibile, umano, pratico, vero, rispettoso, coraggioso, e avverto la violenza terribile che è stata fatta dai potenti e spietati montanari cattolici, i guardiani della valle di lacrime in cui ci hanno tenuti secolo dopo secolo per quasi due millenni.



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