martedì 17 giugno 2014

Come stai?



“La base e il terreno su cui si fondano tutte le nostre nozioni e scienze è l'inspiegabile. Perciò ad esso riconduce ogni spiegazione, mediante un numero maggiore o minore di passaggi intermedi: allo stesso modo sul mare lo scandaglio tocca il fondo ora a maggiore ora a minore profondità, ma alla fine deve raggiungerlo, ovunque.”

(Schopenhauer, Parerga)
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La tendenza è quella di considerare nero lo spazio mentale dell'inspiegabile - come il cielo della foto. Come fosse visibile e colorato solo ciò che ci spieghiamo, o, in mancanza di spiegazioni, ciò che può essere oggetto di ragionamenti, o, in mancanza di ragionamenti, ciò che può almeno essere nominato: almeno un nome, la cosa, lo deve avere - se no è nera, tutto sommato non esiste.
Tendenza normale, che rende normalmente inautentiche le nostre vite - cioè: ci perdiamo, nei nomi, nei ragionamenti a partire dai nomi, nelle spiegazioni. La parola non è più uno strumento al servizio dell'essere, bensì è il nostro essere che finisce al servizio della parola - il nostro stesso intimo essere, prima ancora della realtà esterna, nera, invisibile, ignota, inesistente, se inspiegabile. 

Nel momento in cui usiamo la parola contro la sua dominazione, ne sospendiamo l'automaticità alienante, iniziamo un ritorno verso di noi - verso l'inspiegabile, e ancora di più: verso l'innominabile.
Al limite, certo, ma è così: non ha nome, il nostro essere - la base, il terreno, l'humus, la sorgente. Pensiamo davvero che il nostro essere si giochi tutto nei nomi che gli diamo, nelle descrizioni e nei ragionamenti? Davvero siamo quel pensare che invece di essere pensato ci pensa, davvero siamo quell'andar di parola tritacarne, quel pensiero macchina che insacca il nostro essere come salsiccie?
Per esempio, quando ci chiedono: come stai? Ah! 

Il pensiero senza nomi, senza parole, precede sempre il nostro pensiero verbale, l'andar di parola - non dobbiamo inventarci niente, dobbiamo solo non saltarci sopra a pié pari come siamo abituati a fare. Il nostro primo anno di vita è in noi, vivo - sta in quel cielo reso nero dalle nuvole parolaie.
Bene, grazie, e tu?


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