martedì 22 luglio 2014

Bella domanda

“Si provi a immaginare l'atto della generazione non accompagnato da bisogno né da voluttà, ma come una questione di pura riflessione razionale: potrebbe, allora, il genere umano sussistere? O forse, piuttosto, ciascuno non avrebbe tanta compassione della generazione futura da risparmiarle volentieri il peso dell'esistenza o per lo meno da non volersi assumere la responsabilità di imporglielo a sangue freddo?“

(Schopenhauer, Parerga)
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E' un senso di fastidio, quello che provo quando intervistano qualcuno e alla domanda che gli fanno risponde: "Guardi,...". 
Guardi che? 
Vedo te, e non sempre sei una faccia simpatica. Devo guardare e non ascoltare? Non ascoltare i giri di parole che stai per fare per non rispondere?
Senso di fastidio simile, meno automatico, provo quando dicono: "Bella domanda." - dipende da chi lo dice, dal modo, dalla situazione, non è come per il "Guardi,...", però mi allerto: sta per arrivare una brutta risposta? non sai che dire? ti senti sminuito a dire: non so che dire, non ho una risposta a questa domanda, non me la sono mai fatta così direttamente, mi fa paura pensare a questa cosa - oppure: non c'è risposta a questa domanda, qualsiasi cosa dicessi, qualsiasi cosa dicessimo, sarebbe una finzione, una falsità, un modo di evitare se stessi con una frase fatta, un sentimento coltivato artificialmente, un tappo fideistico, una barriera di contenimento - mi dia tempo, un'ora, un giorno, un mese, un anno, una vita, poi forse saprò dire qualcosa di vero, di vero per me, che corrisponde, seppur parola, a ciò che sento, e non escludo che tra cent'anni io non risponda: non lo so, oppure: lo so, ma non lo so dire. 

1 commento:

  1. L'onestà intellettuale di Schopenhauer è disarmante, quanto almeno il suo intervento. E' così facile dimostrarsi ipocriti che non ne facciamo più caso. Siamo un popolo eterodiretto e cristiano fino al midollo.

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