mercoledì 5 novembre 2014

A meno che

"Due testi in particolare mi hanno segnato durante gli anni di università ad Oxford: La religione e la genesi del capitalismo di Richard Henry Tawney, e il Capitale di Karl Marx. Quest'ultimo mi colpì moltissimo. Per un paio di settimane, durante le vacanze pasquali, non feci altro - mattina pomeriggio e sera - se non vivere dentro il Capitale: lo percorrevo in tutta calma, chiudendolo ogni volta che desideravo rimuginare su qualche idea, libero di riflettere a volontà prima di riprenderlo. Era il primo libro che assimilavo in questo modo. Dalla sua lettura non sono uscito marxista, tuttavia egli ha profondamente influenzato il mio modo di pensare, e la sua influenza non si è mai totalmente esaurita - né vorrei che accadesse, perché alcune delle sue intuizioni ritengo abbiano un valore assoluto. Marx è uno scrittore straordinario, di grande temperamento, e non riesco a capire come abbia potuto prendere piede l'idea che il Capitale sia un tomo noioso e indigesto, a meno che non sia stata una scusa per non leggerlo. Il Capitale è un grande libro, e non occorre dire che è stato uno dei più influenti nella storia del mondo."

(B. Magee, L'arte di stupirsi, Mondadori 1998)

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