martedì 26 gennaio 2016

Il fascino discreto dell'oroscopo


“Le figure celesti ci hanno abbandonato e il mondo ha perso il suo incanto. Ma il disincanto del mondo offre fenditure tragiche guardate da un cielo che non redime, perché reso muto e a sua volta irredento. Forse le figure celesti sono state sempre impietose con gli uomini, ma la venerazione degli uomini le placava.
Gli oroscopi sono il precipitato storico di questa supplica dove un misto di invocazione e di terrore si addolciva nella figura del buon presagio. La primitiva angoscia si smorzava nell'andamento tranquillo della narrazione, dove il lavoro della ragione stemperava le tracce della follia che da sempre abita l'uomo e di cui il buon presagio è la prima parola.
Ora, resi esangui dalla nostra ragione, i rimandi astrologici continuano ad abitare i nostri sogni, le nostre passioni, le nostre angosce, in quegli itinerari incerti e bui della nostra anima, dove ognuno deve vedersela da solo con demoni e dèi, ma di loro abbiamo perso l'origine, il luogo e il nome. In questa condizione non possiamo conoscerli e non possiamo chiamarli. Altre mitologie avanzano e con esse un altro tipo di umanità, rispetto alla quale l'uomo storico, quello che noi conosciamo, sta diventando di giorno in giorno sempre più preistorico. Non c'è rimpianto in tutto questo, solo un invito alla consapevolezza.
All'interno di questa consapevolezza, Jung ha cercato di rintracciare il senso del simbolo astrologico in una cultura, la nostra di oggi, governata per intero dalle rigide forme della razionalità, che produce identità, ruoli, linguaggi confezionati da impiegare nei vari circuiti già predisposti della comunicazione. In questo contesto il simbolo astrologico produce una fuga di senso che va molto lontano dal codice, trascinando con sé l'attenzione inquieta di chi, percependolo, è trasportato da questa diversione di senso in tutt'altro ordine di significati, in tutt'altra verità.
Creando un senso adiacente rispetto al senso stabilito, il simbolo astrologico rivela quella potenza creativa che accompagna il mutamento inconsapevole della storia individuale e collettiva. Non si deve chiedere che cosa significano i simboli, perché i simboli non significano, i simboli operano. Quando, a distanza, ne avvertiamo il senso, i simboli si sono già allontanati e il loro posto è stato occupato dai codici che di volta in volta ordinano il nostro modo di vivere e di parlare. Ma già si preparano altre inconsapute verità, a cui è affidata ogni cadenza inconsueta della nostra vita.”
(U. Galimberti, La casa di psiche)

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