giovedì 20 ottobre 2016

La via dell'essere

"In ciascun animale la natura ha il suo centro: ogni animale ha trovato sicuramente la propria via dell'essere, come sicuramente la troverà per uscirne: frattanto vive senza timore di annientamento e libero da preoccupazioni, sorretto dalla conscienza di essere egli la natura medesima, e come lei eterno. Soltanto l'uomo porta con sé in concetti astratti la certezza della propria morte: tuttavia questa può angustiarlo solo per momenti isolati, quando una circostanza la richiama alla fantasia, poiché anche in lui, come nell'animale, impera come durevole stato quella certezza proveniente dalla più intima conscienza che egli è la natura, è il mondo medesimo; per la qual certezza il pensiero della morte sicura e mai lontana non inquieta visibilmente nessun uomo, mentre ciascuno invece vive come dovesse vivere in eterno. Nessuno ha una vera, vivente persuasione della certezza della propria morte, perché altrimenti non vi potrebbe essere una così grande differenza tra la sua disposizione d'animo e quella di un condannato a morte: l'uomo, pur riconoscendo quella certezza in astratto e teoricamente, la mette in disparte come altre verità teoriche, inservibili nella pratica, senza punto accoglierla nella sua vivente conscienza."

(Schopenhauer, Il mondo)

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Per tanti animali a contatto con l'uomo mi pare che la natura proprio al centro non ci stia più. E' vero, che di solito gli animali con cui si ha un sufficiente rapporto di conoscenza sono un insegnamento, un riferimento visibile nel senso segnalato da Schopenhauer - quello della via dell'essere, mai persa più che trovata. Per come sono vissuti e sono morti, davanti a cani e gatti che ho conosciuto sento solo di dovermi inchinare. Ma non è per tutti gli animali così: se ne vedono di nevrotizzati a contatto con l'uomo, infelici, resi infelici, anche se forse non è per il pensiero/consapevolezza della morte. Per non parlare poi di quello che si può vedere in foto e video delle condizioni atroci in cui vengono fatti vivere e morire gli animali allevati solo per essere mangiati, o solo per essere sfruttati.

Che ci sia una grande differenza tra la disposizione d'animo dell'uomo comune e quella di un condannato a morte è certamente vero, ma il confronto fatto da Schopenhauer è illuminante, nel senso che alcune persone senza averne visibile e comprensibile motivo vivono sotto una minaccia di morte reale e invisibile, psichica, non materiale o non più attuale, per cui vivono incomprensibilmente nell'angoscia continua come potessero da un momento all'altro essere uccisi o morire di un qualche male. Un terrore per una morte precoce, da condanna all'interno del periodo della condanna a morte che riguarda tutti.

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