venerdì 10 maggio 2013

Schopenhauer: gradi del sentimento del sublime


Il sentimento del sublime, scrive Schopenhauer ".. è un tutt'uno con il sentimento del bello e si distingue dal sentimento del bello soltanto per un'aggiunta". 
L'aggiunta è la seguente: ci troviamo davanti a un oggetto bello ma riconosciamo che questo oggetto è problematico o del tutto ostile per il nostro essere corporeo, per il nostro gradimento o per la nostra stessa incolumità, ma ciò nonostante ci teniamo lì, restiamo a guardare, a contemplare. "Hanno allora origine parecchi gradi del sublime, anzi passaggi dal bello al sublime, a seconda che quest'aggiunta sia forte, netta, pressante, vicina o solamente debole, lontana, appena accennata."

Gli esempi che Schopenhauer porta seguono un criterio crescente di grado, anche se   "...coloro la cui sensibilità non è molto grande e la cui fantasia non è vivace capiranno soltanto gli esempi dei gradi più alti e più evidenti di quell'impressione."
Dunque, suggerisce Schopenhauer, se non capisci i primi esempi, passa avanti, forse capirai quelli di più alto grado. Li riporto in modo schematico: lui non scrive grado 1, 2 eccetera, ma va in continuità di prosa.

Sublime grado 1
"Se noi in un rigido inverno, nel congelamento generale della natura, vediamo i raggi del sole abbassato riflessi da masse rocciose dove essi illuminano senza riscaldare, l'osservazione del bell'effetto della luce su tali masse ci trasferirà nello stato del puro conoscere, che però in questo caso esige, per la consapevolezza della mancanza di calore e quindi del principio vitale, un certo innalzarsi al di sopra dell'interesse della volontà. E' il più debole soffio del sublime sul bello."

Sublime grado 2
"Se ci trasferiamo in una regione molto solitaria con l'orizzonte illimitato, sotto un cielo completamente senza nuvole, con alberi e piante in un'aria del tutto immobile, nessun animale, nessun uomo, nessuna acqua corrente, il più profondo silenzio: un tale ambiente è un richiamo alla serietà, alla contemplazione con il netto distacco da ogni volontà; proprio questo conferisce ad un tale paesaggio un che di sublime. Dal momento che esso non offre oggetti né favorevoli né sfavorevoli alla volontà bisognosa di tensione e raggiungimento continui, non rimane altro che lo stato di pura contemplazione, e chi non è capace di questa è abbandonato al vuoto della volontà inattiva, al tormento della noia. E' questo il genere di sublime che è celebrato alla vista delle sconfinate praterie."

Sublime grado 3
"Ma immaginiamoci ora che questa terra sia spoglia anche di piante e ci mostri soltanto nude roccie; in tal caso la volontà sarà addirittura impaurita dalla completa assenza della materia organica necessaria alla nostra sussistenza: il deserto assume un carattere terribile, il nostro stato d'animo diventa più tragico: l'elevazione alla conoscenza pura ha luogo con un distacco più netto dall'interesse della volontà e, mentre noi persistiamo nello stato della conoscenza pura, il sentimento del sublime si manifesta con chiarezza."

Sublime grado 4
"La natura in tempestosa agitazione; chiaroscuro di minacciose, nere nuvole temporalesche; roccie mostruose, nude, a precipizio; acque scroscianti e spumeggianti; deserto totale; gemito dell'aria che soffia attraverso le gole. La nostra dipendenza, la nostra lotta con la natura ostile, la nostra volontà che in essa si è spezzata ci si manifestano ora con evidenza davanti agli occhi. Tuttavia, fino a che la difficile situazione personale non prende il sopravvento, noi rimaniamo nella contemplazione estetica, guardiamo attraverso quella lotta della natura, attraverso quella immagine della volontà spezzata e tranquillamente, imperturbabilmente, con noncuranza cogliamo le idee di quegli oggetti che per la volontà sono minacciosi e terribili: appunto in questo contrasto si trova il sentimento del sublime."

Sublime grado 5
"Ma l'impressione si fa ancora più forte quando noi abbiamo davanti agli occhi in grande la lotta delle forze ribelli della natura, quando in quell'ambiente una cascata con il suo fragore ci toglie la possibilità di udire la nostra stessa voce; o quando siamo al largo nel mare tempestoso: onde alte come case si alzano e si abbassano, si infrangono con violenza sulla ripida scogliera spruzzando in aria la schiuma, la tempesta ulula, il mare ribolle, da nubi nere guizzano lampi e tuoni soverchiano la tempesta ed il mare. Allora, nell'imperturbato spettatore di questa scena, la duplicità della sua coscienza raggiunge la più alta evidenza: egli si sente allo stesso tempo come individuo, come inconsistente fenomeno della volontà, che il minimo urto di quelle forze può fare a pezzi, indifeso davanti all'imponente natura, dipendente, abbandonato al caso, un nulla che scompare al cospetto di potenze immani; e, contemporaneamente, egli si sente eterno, sereno soggetto del conoscere che, come presupposto dell'oggetto, è il vettore di tutto questo stesso mondo e la terribile lotta della natura è soltanto una sua rappresentazione e lui stesso, nella tranquilla comprensione delle idee, è libero ed estraneo ad ogni volere e ad ogni miseria: è la piena impressione del sublime, qui determinata dalla vista di una potenza che minaccia di annientare l'individuo e che gli è incomparabilmente superiore." 

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, N.C. 2011, pp 230-232)


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