sabato 11 maggio 2013

Il sublime e le traduzioni


Gli esempi che Schopenhauer ha finora riportato sono dell'impressione del sublime che definisce "dinamico". Vi è un altro tipo di situazioni che producono l'impressione del sublime, che, in linea con la definizione di Kant, Schopenhauer chiama "sublime matematico".
Il "sublime matematico" deriva "dal rappresentarsi nella fantasia una grandezza spaziale e temporale tanto smisurata da far sentire l'individuo un nulla." 

La traduzione di Lopez dell'edizione di Laterza, che ho da oggi, dice "tanto smisurata da impicciolire l'individuo, nel confronto, fino al nulla", mentre la traduzione di Giani della Newton che ho usata finora dice: "la cui incommensurabilità annichilisce l'individuo". Ho scritto: "tanto smisurata da far sentire l'individuo un nulla", omettendo "nel confronto" che molto probabilmente sta nel testo originale, per essere più conciso e dandolo per implicito - così procederò, per cui non riporterò più le pagine - cosa che probabilmente, comunque, non interessa a nessuno, qui - perché dovrei riportare pagine diverse dei due testi. Quindi, da ora in poi, la traduzione sarà più libera, sarà una integrazione delle due che ho detto, come nel passo riportato: né esattamente l'una né esattamente l'altra ma, poiché non conosco il tedesco e non posso tradurre il testo originale, mi affido alle due traduzioni ed è quello che le due traduzioni dicono e, anche, quello che le due traduzioni mi permettono di capire, cioè quello che Schopenhauer dice.

"Se veniamo a smarrirci nel considerare l'infinita grandezza del mondo nello spazio e nel tempo, se riflettiamo sui millenni trascorsi e quelli che verranno, o anche se il cielo notturno ci mette concretamente davanti agli occhi innumerevoli mondi, ci sentiamo un nulla, e in quanto individui, in quanto corpi animati, in quanto effimere manifestazioni della volontà, ci sentiamo svanire come gocce nell'oceano dissolvendoci in un nulla. Ma al tempo stesso, contro questo spettro della nostra nullità, contro questa menzognera impossibilità sorge subito la consapevolezza che tutti quei mondi esistono soltanto in quanto ce li rappresentiamo, esistono in quanto modificazioni dell'eterno soggetto del puro conoscere, condizione di tutti i mondi e di tutti i tempi - soggetto che riconosciamo in noi stessi non appena dimentichiamo la nostra individualità. La grandezza del mondo, che prima ci inquietava, ora riposa in noi: la nostra dipendenza da essa è bilanciata dalla sua dipendenza da noi."

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)


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