mercoledì 21 maggio 2014

La valle di lacrime e i montanari


Nella visione cristiana, scrive Galimberti, il dolore è pegno della salvezza in un'altra vita oltre questa terrena. Mentre per i Greci la vita è crudeltà e bellezza, e il dolore che comporta va sopportato con dignità (substine et abstine, sopporta e astieniti, dicevano gli Stoici),  per i cristiani questa vita diventa valle di lacrime nella quale il dolore va amato in quanto più si soffre maggiore è la garanzia del premio in un'altra futura vita ultraterrena.

"E così, all'etica della forza e della moderazione, all'etica della dignità dell'uomo che deve saper reggere il dolore, la concezione cristiana chiede di amare il dolore perché il tormento del presente è la caparra del futuro. Francesco di Sales, che coerentemente con la visione cristiana dell'esistenza fonda questa pedagogia del dolore, è consapevole della distanza che separa il cristianesimo dalla grecità, e in polemica con il substine et abstine stoico, dichiara:

<La dottrina cristiana è tutta stabilita su questi principi: l'abnegazione di sé che è molto superiore all'astenersi dai piaceri; portare la croce, che è cosa assai più sublime del sopportarla... Il vero amore, più che nel rinnegamento di sé e con l'azione, si dimostra nel patire.>"

(U. Galimberti, La casa di Psiche, Feltrinelli)

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Valle di lacrime, ma c'è chi sta in alto, in montagna - in villa, non in valle: a questi montanari astuti fa assai comodo che i valligiani pensino che più soffrono più saranno felici in un'altra vita.


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