domenica 15 giugno 2014

Fermiamo Hannibal



“Niente è più sicuro del fatto che sia il grave peccato del mondo a produrre le molte e grandi sofferenze del mondo. Conformemente a questa opinione, l'unica cosa che mi concilia con l'Antico Testamento è la storia del peccato originale: anzi ai miei occhi essa è l'unica verità metafisica che vi si trovi, sia pure in panni allegorici. Infatti la nostra esistenza a nulla somiglia tanto quanto alla conseguenza di un fallo e di una cupidigia da punire. Non siamo, noi tutti, dei peccatori condannati a morte? Di ciò è allegoria anche il peccato originale, quel che il cristianesimo chiama la natura peccaminosa dell'uomo. La scusa, talvolta adoperata per certi vizi ,< eppure è naturale per l'uomo>,  non è affatto sufficiente; ad essa bisogna replicare: <proprio perché è cattiva è naturale, e proprio perché è naturale è cattiva>.  Per intendere ciò occorre aver compreso il significato della dottrina del peccato originale.”

(Schopenhauer, Parerga)
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... occorre aver compreso il significato della dottrina del peccato originale

In un post precedente scrivevo: 
“ Bevendo e mangiando, ogni momento della nostra vita è stato ed è vissuto mediante l'assunzione di materia inorganica ed organica che proviene da altra vita o è essa stessa altra vitaSfruttamento, l'uso dei prodotti e dei frutti di altri viventi animali o vegetali, e uccisione di altra vita, gli animali o i vegetali stessi come cibo, sono la nostra condizione biologica di base:  è da sempre la nostra percepibile realtà d'esistenza. Ed ha certamente dei correlati psichici, individuali e collettivi.” (vedi anche etichette peccato originale, senso di colpa, vita mangia vita, vegetarismo, Capitini)

Insomma, siamo tutti consapevoli, anche se evitiamo di pensarci e prenderne atto, che la nostra stessa vita è possibile solo come affermazione di sé in senso difensivo e aggressivo, di sfruttamento o di uccisione, di altra vita animale e vegetale. Vita sfrutta e mangia vita – anche quella vegetale è vita: al più, come suggeriscono i vegetariani, potremmo limitare drasticamente la nostra aggressività contro le altre specie animali (il loro sfruttamento o la loro uccisione) dirigendola verso la vita vegetale. 

Forse un giorno le cose cambieranno, ma per ora è stato ed è così: vita sfrutta e mangia vita.
Per dire: il sistema immunitario dell’uomo più mite del mondo uccide altre forme di vita che avesse riconosciuto come nemiche. Il sistema immunitario non lo vediamo in azione, ma le forme di vita, interrotta per nostro nutrimento e piacere, che ci troviamo nel piatto, le vediamo bene. Lo sappiamo tutti, da un certo momento in poi, che vita sfrutta e mangia vita, ed è questa, probabilmente, l’esperienza di base dell’essere umano da cui originano sentimenti e miti come quello del peccato originale.

Quanto, oltre la realtà fisica, è vero in senso psichico, relazionale interumano, che vita sfrutta e mangia vita? E' naturale anche questo? Se così fosse, allora il suggerimento di Schopenhauer, di opporsi a questa naturalità - ciò che lui chiama negazione della volontà di vivere ma che, come già visto, significa opposizione, rifiuto del carattere egoistico o distruttivo della volontà inconscia - si capisce e si apprezza.
- Negazione, semmai, è la nostra, di quando facciamo finta di niente pur sapendo come stanno le cose e aderiamo ciecamente alla volontà di vivere della vita che sfrutta e mangia vita, biologicamente e psichicamente. Possiamo essere qualcosa di diverso dalla volontà del nostro sistema immunitario? Schopenhauer pensa di sì: in questo egli non è certamente un pessimista.

- Il <proprio perché è naturale è cattiva> sta in pieno nella visione di Schopenahuer, che propone di fermare l'andare <naturale> della volontà di vivere la cui impronta è egoistica o francamente aggressiva verso gli altri e il mondo, considerati totalmente altro da sé. Con una eccezione, però, la cui importanza per Schopenhauer è tale che la pone come unico possibile fondamento <naturale> di una vera morale: la compassione, sentimento originale, misterioso, presente nell'uomo di ogni tempo e luogo, cioè parte della <natura> dell'uomo, anche se il mondo è dominato dall'egoismo e dalla violenza. Compassione che lui considera come partecipazione immediata, istintiva, alle vicissitudini di un altro essere umano, sia nella gioia che nel dolore, ma soprattutto emergente quando l'altro è in difficoltà - ricordo che per Schopenhauer ogni forma di amore attinge a questo sentimento-capacità <naturale> dell'essere umano. E anche qui, Schopenhauer non è affatto pessimista - lo sarebbe se aderisse del tutto al <proprio perché è naturale è cattiva>.


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