domenica 6 luglio 2014

Pandora



“La favola di Pandora non mi è stata mai chiara, anzi. mi è sembrata senza senso e confusa. Suppongo che essa sia stata male intesa e deformata dallo stesso Esiodo. Non tutti i mali. ma per contro tutti i beni ha Pandora nel suo vaso, come dice già il suo nome. Quando Epimeteo l'apre prematuramente, i beni volano via: solo la speranza viene ancora salvata e rimane a noi.”

(Schopenhauer, Parerga)
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 Prometeo glielo aveva detto, ad Epimeteo: non accettare doni da Zeus, che poi ti si rivolteranno contro. Ma il dono di Zeus è Pandora, la prima donna, ed Epimeteo se ne innamora subito e gode felice di quel dono che ha in sé tutti i doni desiderabili da un uomo. Pandora ha con sé un vaso, con l’ordine di Zeus di non aprirlo. Lo apre e succede quel che succede: la fatica, le malattie, la morte, sentimenti maligni come l’invidia, i vizi, insomma il dolore nelle sue tante forme si impadronisce degli uomini – tutti mali usciti da quel vaso, tranne la speranza che vi rimane dentro a vaso richiuso. Le cose migliorano quando anche la speranza viene fatta uscire di lì.

Si nota subito la giustezza dell’obiezione di Schopenhauer: la speranza non è un male. Che ci fa in mezzo a tutti quei mali? Sarebbe più logico pensare che il vaso contenesse i beni, che volano via tranne la speranza. 


Per fortuna, Schopenhauer non leggerà mai la seguente interpretazione.
Quando Pandora apre il vaso che non dovrebbe aprire, si riversano in esso tutte le parole dette fino a quel momento nel mondo e gli uomini perdono il luogo incontaminato che faceva da contrappeso alle parole che tutto vogliono pensare dire e spiegare. Solo la speranza si salva, perché Zeus l’aveva resa immune da ogni discorso: sapeva che se i bambini nascendo avessero perso la speranza di trovare una madre nessuno sarebbe più nato, e lui aveva un debito con l’uomo, che lo aveva creato dal fango dei suoi discorsi.  


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