sabato 13 settembre 2014

Lo stoico

"Il più perfetto svolgimento della ragione pratica nel vero e proprio senso della parola, il più alto culmine a cui l'uomo può elevarsi col semplice impiego della sua ragione, e sul quale più evidente appare la sua diversità dagli animali, è come ideale rappresentato nel sapiente stoico

L'etica stoica originariamente ed essenzialmente non è affatto una dottrina di virtù, ma semplice avviamento alla vita razionale, di cui è meta e scopo la felicità ottenuta con la calma dello spirito. La condotta virtuosa vi si trova solo come mezzo, non come scopo. Perciò l'etica stoica, in tutta la sua essenza e nella sua concezione, è radicalmente diversa dai sistemi etici che spingono direttamente alla virtù, come il cristianesimo. 


Il fine dell'etica stoica è la felicità. Tuttavia l'etica stoica insegna che la felicità si può trovar con certezza solo nella pace interiore e nella calma dello spirito, e la calma a sua volta si raggiunge esclusivamente con la virtù. 


Ma se poi a poco a poco si dimentica il fine per il mezzo e la virtù viene raccomandata in modo da rilevare tutt'altro interesse che quello della propria felicità, sì da star con quest'ultima in aperto contrasto, abbiamo allora una delle inconseguenze per le quali in ogni sistema la verità direttamente conosciuta (o, come suol dirsi, sentita) riconduce sul diritto cammino, sostituendosi di forza ai ragionamenti."


(Schopenhauer, Il mondo)
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L'ultimo passo non mi è chiaro. Quando si crea un conflitto tra ciò che sento moralmente giusto e ciò che mi farebbe felice "... in ogni sistema la verità direttamente conosciuta (o, come suol dirsi, sentita) riconduce sul diritto cammino, sostituendosi di forza ai ragionamenti". 

In un passo precedente, Schopenhauer scriveva: 
"L'uomo conforme alla natura dà sempre maggior peso a ciò che ha conosciuto immediatamente ed intuitivamente che non ai concetti astratti, ossia a ciò che ha soltanto pensato: egli preferisce la conoscenza empirica alla conoscenza logica. Opposta è la disposizione di coloro che vivono più in parole che in fatti, che nella loro grandissima degenerazione diventano pedanti e spulciatori di vocaboli."
In questo passo tiene conto del fatto che non sempre "la verità direttamente conosciuta (o, come suol dirsi, sentita) riconduce sul diritto cammino", e che, dunque, esistono individui e culture in cui la verità direttamente conosciuta viene sacrificata a regole astratte, facendo leva sulla disposizione umana a farsi guidare dalle rappresentazioni astratte anche quando non hanno nessun riscontro empirico.

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