giovedì 25 settembre 2014

Ora, se noi



 "La chiave per l'intendimento delle cose nella loro sostanza in sé - chiave che sola poteva darci l'immediata cognizione della nostra propria essenza - dobbiamo ora applicarla anche ai fenomeni del mondo inorganico che sono i più remoti da noi stessi.

Ora,

se noi osserviamo questi fenomeni con occhio indagatore; se vediamo il veemente, incessante impeto, con cui le acque precipitano verso il profondo; la costanza, con cui il magnete torna sempre a volgersi al polo; lo slancio, con cui il ferro corre alla calamita; la vivacità, con cui i poli elettrici tendono a congiungersi;

se vediamo il cristallo formarsi quasi istantaneamente, con tanta regolarità di conformazione irrigidita e fissata d'un tratto;


se osserviamo la scelta, con cui i corpi sottratti ai vincoli della solidità e fatti liberi dallo stato liquido si cercano, si sfuggono, si congiungono, si separano;


se infine sentiamo direttamente che un peso, la cui tendenza verso terra sia trattenuta dal nostro corpo, grava e preme incessantemente su di questo seguendo la propria unica tendenza;


- non ci costerà un grande sforzo di fantasia il riconoscere, anche a sì grande distanza, la nostra medesima essenza: quella stessa, che in noi opera secondo i suoi fini alla luce della conoscenza, mentre qui, nei più deboli dei suoi fenomeni, opera in modo cieco, sordo, unilaterale ed invariabile.


Ella è sempre una e sempre la stessa in così diverse manifestazioni, e perciò - come il primo crepuscolo partecipa coi raggi del pieno meriggio del nome di luce solare - in queste ed in quelle deve prendere lo stesso nome, il quale contrassegna ciò che è essenza di ciascuna cosa nel mondo, ed unica sostanza di ogni fenomeno."

(Schopenhauer, Il mondo)


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