venerdì 17 ottobre 2014

Schopenhauer diventa serio

"... finché la sua forza, così accresciuta, stanca alfine del giuoco, non si volga al serio."

"L'ultima parte del nostro esame si annunzia come la più grave, poiché tocca le azioni degli uomini: oggetto che a ciascuno direttamente importa, e a nessuno può essere straniero o indifferente.

Sotto il rispetto indicato, la parte del nostro esame che ora segue si potrebbe chiamare filosofia pratica, in opposizione alla filosofia teoretica finora trattata. Ma
a mio avviso ogni filosofia è teoretica sempre, essendo a lei essenziale, qualunque sia l'oggetto immediato della ricerca, il rimanere nel campo della considerazione pura e l'investigare, non già il dar precetti. Invece il diventar pratica, il guidar la condotta, il modificare il carattere, sono vecchie pretese cui ella, con più maturo giudizio, dovrebbe alfine rinunciare. 

Qui, dove si tratta del valore e del non valore di un'esistenza, di salvazione o di condanna, non sono i suoi concetti a dare l'esito, bensì lo dà l'essenza più intima dell'uomo stesso: come dice Platone, il demone che lo guida e che non ha scelto, ma che da lui è stato scelto.


La virtù non s'insegna, più che non s'insegni il genio: per lei il concetto è tanto infruttifero, e solo valevole come strumento, quanto è infruttifero per l'arte: saremmo stolti nell'attenderci che i nostri sistemi morali e le nostre etiche suscitassero uomini virtuosi, nobili e santi, come nel chiedere alle nostre estetiche di suscitare poeti, scultori, musici.


La filosofia non può in nessun caso fare altro se non chiarire e spiegare ciò che è dato; recare alla limpida, astratta conoscenza della ragione, sotto ogni rispetto e da ogni punto di vista, quell'essenza del mondo che a ciascuno si esprime intelligibile in concreto, ossia come sentimento."


(Schopenhauer, Il mondo)

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